Stemma Paspardo Paspardo
Paspardesi (Burdegù, Bascüi, Sguìsser)
649 (anno 2012)
SUP. COM. Kmq : 10,3 H.m.: 978 s.l.m. Prefisso Tel.: 0364
Da BRESCIA e BERGAMO
Km.
84,3
Da MILANO
km.
134
CAP. : 25040


Le Immagini del Paese
Panorama del Paese
IL NOME:
Paspardo (Paspàrd - Paspàrt) - Pasquartum (sec. XI) - Pascardo (sec. XII) - Paspardo (1597) La toponomastica per il nome Paspardo dovrebbe essere derivata dalle parole latine "pascuum aridum" (pascolo arido), vista sia la posizione montana del borgo, con scarsità di estesi pascoli validi per l'allevamento del bestiame grosso, sia per la collocazione idrografica su un piccolo piano a strapiombo sulla media Valle Camonica. Altri studiosi sostengono la tesi che Paspardo possa derivare dal termine latino "pagus" (villaggio), unito al termine germanico "bart" (vigilato), facendo riferimento ad un nucleo abitato, difeso da fortificazioni militari, anche se non vi è riferimento alcuno che in questa zona vi fosse la pesenza di simili condizioni.


LA STORIA :

    La zona su cui ora insiste il territorio del comune di Paspardo doveva essere frequentata fin dai tempi preistorici, infatti testimonianze della presenza degli antichi Camuni (del ceppo Ligure-Celtico) sono numerose.
    Tra le tantissime incisioni rupestri preistoriche che sono state ritrovate in questo sito montano (non molto distante da Capo di Ponte e Cimbergo, in un'evidente continuità territoriale), notevole è il "Capitello dei due pini" che si trova in località Plas. In questa località, da cui si stende lo sguardo su buona parte della media Valle Camonica e che di fronte è dominato dall'imponente massiccio della Concarena, è stato anche rinvenuto un altare preistorico su cui sono ben visibili dei graffiti raffiguranti cervi, alabarde, lance, pugnali e vari simboli solari. Altre incisioni rupestri sono state ritrovate su dei massi erratici in località "costa Peta" e sul "dòs sùlif" (dosso solatio) che, vista, anche in questo caso, la posizione dominante da cui si abbraccia buona parte delle montagne attorno, doveva essere luogo di culto (forse del sole) degli antichissimi dei pre-romani. Molti di questi luoghi sacri, che erano stati posizionati in luoghi elevati, durante il periodo di dominazione dei Romani, furono trasformati (già nel primo secolo d.C.) in siti di culto degli dei importati dai nuovi padroni, per poi essere a loro volta soppiantati dal cristianesimo che venne imposto in Valle Camonica durante la dominazione dei Longobardi. Il Cristianesimo venne profondamente inculcato, anche con la violenza, nella vita quotidiana dei Camuni specialmente dopo la conquista di Carlo Magno e la donazione, di gran parte della valle, nel 774, ai monaci del potente e ricco convento francese di Tours, che edificarono numerose chiese e cappelle. Alcuni documenti risalenti all'anno mille riportano già il nome "Pasquartum" che nel secolo successivo si trasformò in "Pascardo".
    Nel 1299 il vescovo di Brescia, Duca di Valle Camonica, concesse in affitto, alla comunità locale, alcuni possedimenti rurali, che erano stati precedentemente ceduti (rinunciati) dagli abitanti dell'antico borgo di Zero. Dal 1308 e fino al 1421 risulta, da più documenti della Curia vescovile, che il paese e le sue terre (come altri borghi della montagna bresciana) dovevano sottostare a una lunga serie di adempimenti ed erano tenuti a versare le decime in favore della "mensa vescovile".
    Seguiva poi il solito giuramento di fedeltà al Vescovo stesso.
    Viene riportato nelle "Provvisioni" del 1477, che dopo la pace di Lodi (9 aprile 1454) e negli anni successivi, la famiglia dei conti di Lodrone (con il permesso della Serenissima Repubblica Veneta a cui avevano fatto vari e svariati servigi nelle guerre contro il ducato di Milano) tentò più volte di appropriarsi anche della giurisdizione sui monti di Paspardo, dopo aver ricevuto l'infeudamento nelle non lontane terre di Cimbergo.
    Dopo la travagliata e sofferta pagina delle faide tra Guelfi e Ghibellini camuni, che tanto sangue avevano fatto scorrere in queste contrade, la Repubblica di San Marco scalzò definitivamente da tutta la Valle Camonica, i Visconti e poi lo Sforza (divenuto Duca di Milano) e fece applicare la sua giurisdizione e le sue leggi, pur rispettando ampiamente molte forme istituzionali, le antiche leggi e le tradizioni locali.
    Di questo periodo (1488) è il famoso "Codice minerario" (unico nell'Italia dell'epoca) in cui sono descritte anche le miniere di rame e cadmio, che erano localizzate nelle terre di Paspardo. Non dovevano essere comunque di particolare rilevanza o sfruttate su scala industriale poiché, già nel 1610 nel suo famoso e molto particolareggiato "Catastico", il delegato veneto Giovanni da Lezze, non riportava, descrivendo Paspardo e il suo circondario, l'esistenza di siti estrattivi ma solo di un'economia basata sull'agricoltura e l'allevamento. Nello stesso "Catastico" erano segnalati però due mulini e una segheria, segno questo di un certo benessere (tra la diffusa miseria presente in molti borghi della valle) che comunque resta anche attestato da alcune abitazioni signorili con dei portali datati 1576 e 1671 ancora visibili nel centro storico e da alcuni frammenti di affreschi presenti a casa Bonafini.
    Anche Paspardo venne investito, malgrado la sua posizione abbastanza defilata e lontana delle principali vie di transito, dalle varie ondate di carestie e di peste che erano portate dal passaggio in Valle Camonica di truppe di svariati eserciti. La vita degli abitanti del piccolo paese non doveva essere certo facile: chi non aveva lavoro nei piccoli campi o nell'allevamento a conduzione familiare, si dedicava, solo per brevi periodi autunnali, alla raccolta delle castagne nei vasti (e ancora presenti) castagneti che ricoprivano le falde dei monti circostanti. Un certo reddito proveniva proprio da queste coltivazioni che vennero intensificate e anche razionalizzate fin dal XVIII secolo. Però chi non trovava lavoro anche nelle fucine del fondo valle (ed era la maggioranza dei giovani) doveva emigrare in terre lontane e abbandonare il paese d'origine. Questa piaga, diffusa ampiamente in tutta la Valle Camonica è rimasta presente fino al secondo dopoguerra.
    Come in altri paesi della Valle, per soccorrere i più poveri e alleviare le grandi miserie, fin dal periodo della dominazione Veneta, era stato messo in funzione un monte di pietà a cui i più poveri ricorrevano spesso. Fino al XX secolo la stragrande maggioranza delle abitazioni dei nostri borghi di montagna era costruita in legno e molti erano i fienili posti all'interno dell'abitato e, per questo, che numerosi e devastanti furono gli incendi che colpirono il paese e a lungo restò nella memoria della gente quello gravissimo del 1833 che provocò pesanti danni distruggendo numerose case.
    Anche a Paspardo le condizioni di vita stentata e grama portarono a massicci flussi di emigrazione che negli anni 1904/1905 giunsero a 73 unità su una popolazione di 771, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 1245 1245 furono in 199 ad emigrare.
    Durante il ventennio fascista venne imposto l'accorpamento di numerosi piccoli paesi in entità comunali più grandi e dal 1927 Paspardo fu aggregato al vicino Cimbergo da cui si staccò nel 1947.
    Dai primi anni novanta (del 1900) una vecchia strada consortile e tagliafuoco, allargata, ampliata e asfaltata, è stata resa percorribile, tra bellissimi panorami della media valle e una suggestiva visione dei ruderi del castello di Cimbergo, per raggiungere Paspardo partendo da Capo di Ponte. Anche la vecchia provinciale che parte da Ceto e passa da Cimbergo, è stata soggetto a lavori di ampliamento e ammodernamento.
    Ora Paspardo, come altri piccoli paesi della montagna camuna, ha scoperto una buona vocazione per il turismo estivo che è stato incentivato con la costruzione di seconde case e, vista anche la tranquillità del paese e la sua posizione panoramica in quota, unite alla facilità di collegamento, vi sono prospettive perché anche questo borgo diventi richiamo per villeggiature improntate al relax ed alle escursioni sulle vicine montagne.


DA VISITARE:
Di classico stile barocco la Parrocchiale di san Gaudenzio Gaudenzio che è stata ampliata nel 1950. Sono presenti degli affreschi sia antichi sia ben più recenti (1953) di Oscar di Prata. Notevoli sono gli altari lignei di classica scuola fantoniana. La grande pala dell'altare maggiore è del 1700 e rappresenta la "Madonna col Bambino e i Santi Gaudenzio, Rocco e Lorenzo".
Il Santuario di Deria è dedicato alla Maternità di Maria. Fu edificato nel 1700 in un vasto castagneto, perché la gente potesse seguire la messa anche durante la raccolta delle castagne. Non molto distante sorge il monastero di San Salvatore a Capo di Ponte (recentemente, nei primi anni del 2000, ben istrutturato), raggiungibile con la nuova provinciale, scavalcando la SS42.
Una Cappelletta sorge in piazza Fontana ed è decorata con affreschi del 1700.
Come scritto nella storia locale sopra riportata, delle case del centro storico sono segno di un certo stato sociale benestante e casa Bonfadini, nella piazza omonima, conserva un frammento di affresco del 1500, mentre dei portali in pietra sono visibili in via Recaldini (con date 1576 e 1671), in via Martinazzoli (1714), in via Fontana e in via Croce.

LOCALITA' COMUNALI E FRAZIONI:
(Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni).
Albi (Albi) a m.1.592 era riportata, su antiche mappe catastali di epoca veneta, una località Predalbi, a nord-est di Paspardo. Predalbi come Prealba sono vocaboli composti col nome "pre" (prato), in questo caso è abbinato ad una variante locale di "albe" (mangiatoia di maiali).
Baitone (Baitù) località a nord-est di Paspardo a m. 1,572: baitù è l'accrescitivo del termine dialettale "Bait" (casa di montagna, baita di piccole dimensioni o capanna).
Berbignaga (Berbignaga) a m.2,368: cima rocciosa a nord-est del paese, sul versante sinistro dell'Oglio. Nel secolo XIII compare, su un vecchio documento il nome di un "Petri de Berbignache": questo potrebbe essere l'origine del nome di questa cima. Storicamente alcuni studiosi del secolo scorso hanno espresso l'ipotesi che forse questo poteva essere, in secoli remoti, il nome di qualche piccolo agglomerato di case, sottostante alla cima, ora scomparso. "Bèrbice" è il nome poco usato, ai nostri giorni, della pecora e "gnagna" è suffisso comune e moltissimi toponimi.
Bruciata (Brüsada) a m.1.968: "cima Bruciata" svetta a est di Paspardo.
Cadinoclo (Chadinòchio) a m.1.325: località su cui, già nel 1800 erano segnate delle baite a nord-est di Paspardo, sul versante sinistro della valle. Si potrebbe pensare a un derivato di "cadì" (zona a forma di catino).
Campo (Camp e Cap) a m. 1.785 un sito montano, pianeggiante, detto "Pian del campo" è posto a nord-est di Paspardo.
Dosso (Dòsh) a m.1.547: "dosso" è un nome diffusissimo in tutta la Valle Camonica e di solito indica un luogo dominante o una collinetta, questo è posto a nord-est di Paspardo: da "Dorsum" (dosso).
Fopassa (Fopàsha) piccola e corta valle ad est di Paspardo nei fianchi della cima Sablunera. Il toponimo viene da "fopàsha" che è il peggiorativo di "fòpa" (fossa, buca, concavità).
Fles (Flésh) a m.1.100: località su cui sorgevano delle antiche "Baite Flesso" poste a nord del paese: da "Flexus" (curva).
Gello (Gèl; Sèl) a sud-est di Paspardo si trova la cima Gellino (Gelì) (a m.2.775) e il passo omonimo (a m.2.579) a sinistra della cima. Gèll, in Valle Camonica è la pianta del citiso alburno, ma "sèl" è anche: gelo.
Graole (Gràole) un'antica "Grotta delle Grole" era localizzata sotto la cima Berbignaga. "Gràòla" o "Grava" o "greva" (terreno sabbioso alluvionale): "gròle" nel dialetto locale erano chiamati i corvi.
Logneto (L'Ognét) a m.1.590: località a nord-est di Paspardo sul versante destro di Val Zumella, tributaria di sinistra dell'Oglio. Da "Ogna" (ontano alpestre) e "lognet" sarebbe il collettivo.
Marcia (Marsha) a m. 1.386: Pian della Marcia (Pià de la Marsha): su una vecchia mappa militare del 1750 erano segnate delle cascine ad est di Paspardo. E' un'area piana e molto probabilmente in antichità doveva essere paludosa. "Marsha", femminile di "marsh": marcia, ma anche acquitrino o terreno acquitrinoso.
Nusa (Nusa) a m. 1.100, località poco a nord-est di Paspardo. Il noce (nush) è una pianta che alligna nel territorio. Non è improbabile che "nusa" sia una forma femminile storpiata di nush.
Odecla (Odècla) a m.1.550: località con vecchie baite a nord-est di Paspardo: come in altri toponimi prsenti in diversi comuni il termine sembra sia un diminutivo dell'esclamativo "eccola".
Posôlo (Posöl) a m.1.400: su una vecchia mappa catastale dell'800 erano segnate delle baite a nord-est del paese e a sud-ovest della cima Berbignaga: le costruzioni si trovavano come sopra un poggio da cui si domina un vasto Panorama e "Posöl" starebbe per poggiolo.
Predalbi (Predalbi) a m.1.592, località a nord-est di Paspardo, e ad ovest di Cima Sablunera.
Rovinata (Ruinada) a m. 1.197: località con vecchie baite poco ad est di Paspardo. Le cascine erano poste presso una piccola valle con una ripida pendenza e "Ruinàda" è sinonimo di ruina (rovina, scarpata).
Saletti (Shalèt) a m.1.000 circa: località a sud-est di Paspardo, presso l'orlo di Val Zumella. "Shalèt" e "shalèç" suonano come diminutivi di sala e sale, ma "Shalèç" è anche il saliceto, da"Salectum" (bosco di salici).
Salina (Shalina) a m.1.384: località "Salina" a nord di Paspardo sotto il Pian del Campo. Nome molto diffuso in Valle Camonica poiché le "saline" erano luoghi, di solito presso dei sentieri montani, dove, come in uso in molte contrade alpine, sopra una pietra piatta veniva sparso del sale per le capre.

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