Stemma Piancogno Piancogno
Piancognesi
4.744 (anno 2012)
SUP. COM. Kmq : 15,3 H.m.: 244 s.l.m. Prefisso Tel.: 0364
Da BRESCIA e BERGAMO
Km.
60
Da MILANO
km.
110
FRAZIONI
Annunciata, Cogno,
Pian di Borno (o Piamborno
CAP. : 25052


Le Immagini del Paese
Il paese di Piamborno
Panorama di Cogno
Monastero dell'Annunciata
Interni del Monastero
Stele dell'Oasi del Beato Innocenzo da Berzo
Parrocchiale di Piamborno
IL NOME:
Il Comune di Piancogno è il più "giovane" comune della Valle Camonica ed è stato "creato" ufficialmente il 3 dicembre 1962, con atto d'istituzione con DPR, conglobando le tre frazioni di Piamborno, Annunciata e Cogno e con buona parte dei territori dei comuni di Borno, Ossimo e Cividate Camuno.
Piamborno da "Piano di Borno", nome dato per indicare la proprietà che il comune di Borno (posto a circa m 1.000 s.l.m.) aveva sul fondo valle camuno, sulla destra orografica del fiume Oglio. Attualmente è la frazione maggiore del comune ed è sede del Municipio. Piamborno è sempre stato caratterizzato da un'economia agricola. Solo a partire dagli anni settanta (del 1900) l'Amministrazione comunale, con un'importante operazione urbanistica, lo ha trasformato in uno dei più sviluppati centri abitati della Valle Camonica, dove la sua economia si è trasformata da agricola ad artigianale e terziaria. La vasta area posta sulle pendici del monte sopra l'abtato ha un clima particolarmente mite e permette la maturazione anche delle olive, oltre che di molte e da sempre coltivate piante da frutto (viti, castani, ciliegi, pruni, albicocchi ecc.). Anche il vino, esaltato fin dall'alto medio evo, dei suoi versanti collinari è di buona qualità, da ricordare la produzione del vino "Lanzato", che prende il nome dalla omonima località posta a cavallo tra i comuni di Piancogno e Darfo. Il complesso abitativo mantiene nominalmente, nella sua parte più vecchia, ancora la struttura "a contrade", per cui sono tuttora presenti le località che hanno contribuito alla sua formazione, quali: Lanzato, Belarna, Broli, Boter, Conti, Chiesolina, Nicolì, Piazzola, Calchera, Moretti, Pescatori. Vi sono ancora molte case signorili che ricordano i nomi dei proprietari, scesi da Borno, come: Franzoni, Mognoli, Pernici.
Cogno a m.234 s.l.m.: il suo nome ha origini che suscitano controversie e discussioni tra storici ed esperti in toponomastica. Le ipotesi avanzate fino ad ora non sempre trovano rispondenza con la realtà. Giuseppe Bonafini lo fa derivare dal latino "cuneus", identificandolo in una presunta forma triangolare del terreno tra fiume e montagna. Quasi analogamente lo considera anche Giovanni Melotti, il quale restringe i confini di valutazione ritenendoli i detriti del torrente Trobiolo su cui insiste il centro abitato. Giannino Botticchio (studioso di storia locale e scrittore di romanzi di impronta storica) invece, ipotizza che Cogno, come "congio", derivi dal vocabolario latino "congius" che significa "misura" ed era la quantità di olio che i contadini davano per poter usare il frantoio altrui, forse attivo presso la cascata del torrente Trobiolo. Il "congio" o "congius" era dunque, una misura capacitiva usata dai Romani, pari a litri 3,283 (ovvero sei sestari o sestieri dalla voce latina sextarius = sesta parte). Esso era anche la quantità di vino od olio che i contadini romani, che aspiravano alla magistratura, elargivano al popolo per ottenere il voto: per cui era una misura capacitiva con valenza particolare. L'uso del termine "Cogno" potrebbe derivare dalla frequentazione della località per usare il mulino e il frantoio. Dal 1906, con l'avviamento del cotonificio Olcese, il paese subì un radicale cambiamento. Migliaia di maestranze affluirono nelle case operaie costruite appositamente, per cui in pochissimi anni e fino ai nostri giorni, il paese divenne ad assoluta condizione e mentalità industriale. Negli ultimi due decenni del secolo scorso (anni 80 e 90) la maggior parte dei cittadini di Cogno, occupati nell'azienda, hanno raggiunto l'età pensionabile e i giovani, a seguito della contrazione dei posti di lavoro, hanno orientato diversamente le loro scelte, ed è per questo che Cogno, da centro industriale, è divenuto di fatto un paese di pensionati, con relativa prevalente economia basata sulle risorse pensionistiche. Le grandi difficoltà del settore del tessile dall'inizio di questo secolo, hanno portato anche a cambiamenti nella storica proprietà del cotonificio Olcese e la forza lavoro si è ridotta, da centinaia di lavoratori, in prevalenza donne, a poche decine di unità.
L'Annunciata (Nos.ciàda) valutando e datando le incisioni rupestri che in numero elevatissimo (fino all'inizio del 2000 ne sono state rilevate oltre duemila) sono presenti sulle rocce nella zona (e molte sembrano tutt'ora da scoprire), questo sito doveva essere frequentato, per uso agricolo e pastorizio, già a partire dal terzo secolo a.C. Di sicuro nell'anno Mille i terrazzamenti della zona erano già coltivati a vite. Fu in quel periodo infatti che una rappresaglia degli Scalvini, in perenne lotta con i Bornesi, sconvolse alcuni campi di quel sito tagliando i vitigni. Si può presumere che già in quel tempo iniziarono ad essere costruiti i "caselli", con funzione di riparo alle masserizie e per ospitare i contadini. In località Piana di Gobbia (Pià del Gobbia) era localizzata la casa detta "del torchio" (Cà del tòrcol), dove erano lavorate le uve prodotte nella zona. Le due grandi case di località " Belotti e Dosso" (quest'ultima distrutta da un incendio nel 1988), furono presumibilmente edificate verso il XIV secolo (e abitate da numerose famiglie fino agli anni sessanta del 1900). Il sito era comunque molto frequentato fin dall'antichità poiché la strada a mezza costa (per evitare gli acquitrini del fondovalle) che proveniva da Lovere saliva ad Angolo, ridiscendeva ad Erbanno per poi risalire a Borno e serviva per mantenere i traffici sempre intensissimi con l'altipiano. La stessa strada veniva usata anche come transito per la transumanza delle mandrie dal vicino territorio bergamasco di Bossico che, proseguendo per il valico del Mortirolo (in alta Valle Camonica), si recavano in Valtellina all'alpeggio. Nel 1854 venne aperta la nuova strada statale di fondo valle, detta SS42 "del Tonale e della Mendola", che ridusse la "vecchia" strada, fino a Cogno, a semplice collegamento intercomunale tra il fondovalle e l'altopiano bornese. Nel 1900, sullo stesso tracciato, al piano, fu operativa la tramvia Lovere-Cividate e, dal 1906 venne costruita la ferrovia Brescia-Iseo-Edolo, che impiantò, nel territorio comunale due stazioni: una a Piamborno e una a Cogno. Nella frazione Annunciata spicca il convento dei frati che è entrato nella storia della Valle Camonica: posto in una posizione incantevole, domita tutta la bassa Valle Camonica e raggiunse il suo massimo splendore nel 1800: ora i frati presenti sono collegati, tramite internet, a tutto il mondo e sono "testimonial" della fede attorno al Beato Innocenzo che fu fraticello in questo convento.


LA STORIA :

    Vi sono documenti riguardanti l'area definita Piano di Borno che confermano come i bornesi (abitanti del paese di Borno) fossero assiduamente presenti non solo sull'altopiano, ma anche nel fondo valle.
    Sicuramente durante il periodo della dominazione romana (dal 16 a.C.) l'area era abitata: ne fa fede il ritrovamento di una tomba di quell'epoca, scoperta durante i lavori di costruzione della parrocchiale di Piamborno, contenente un anello d'oro con una perla vitrea di colore verdognolo, entro castone a sagoma, conservato ora nel museo romano di Brescia.
    Rimane da interpretare e collocare anche storicamente la notizia riportata da padre Gregorio Brunelli nel suo "Curiosi trattenimenti, contenuti ragguagli Sacri e Profani dei Camuni" (Venezia 1698 riedito in Valle Camonica nel 1999) là dove scrive "delle rocche de Conti Frezemichi", scomparse nelle alluvioni del (torrente) Trobiolo di Cogno.
    Il termine "Cogno" compare già nel XIII secolo, in un documento di vendita di un terreno che si trovava in comune di Ossimo, sulla sponda sinistra del torrente Trobiolo, presso la Sicola. Esso recitava fra l'altro: " qui iacet in loco et territorio Ossemi ubi dicitur in Cogno ubi dicitur de fontana de gneolo" (Sicola). Lo stesso termine è presente in un diverso documento datato 1328 dall'analogo contenuto, ovvero: "in territorio de Ossemo in Cogno in contrada ubi dicitur in Closis" (Cioss). Dunque la località di Cogno doveva essere stata abitata già a partire dal primo secolo dopo il Mille, quando gli abitanti dell'altopiano, sia di Ossimo che di Borno, per necessità, avevano cominciato ad integrare i prodotti dei campi di montagna con il grano, il foraggio e il vino che erano invece prodotti sul fondo valle e sui terrazzamenti ricavati sulla costa della montagna.
    Diversamente dal resto del territorio circostante, il sito su cui sorgeva il vecchio borgo, trovandosi di alcuni metri al di sopra del livello del fiume Oglio e al riparo delle annuali inondazioni, meglio si prestava ad essere abitato (ricordiamo che tutto il fondovalle, fino a Cividate Camuno, fino al medio evo, quando fu bonificata in parte, era una vasta palude acquitrinosa e inospitale). Il paese di Cogno, non slo amministrativamente si divideva perfettamente in due parti ma rispettava gli statuti, le delibere e gli ordinamenti dei rispettivi comuni capoluogo e anche gli orari, le festività e le funzioni delle rispettive parrocchie (Borno e Ossimo).
    Il Piano di Borno comunque, ovvero l'intera area di proprietà del comune dell'altopiano posta sul fondo valle, veniva citato già nel 1080 in un documento del vescovo di Brescia, Olderico in cui si esentavano i suoi abitanti "in perpetuo" dalle decime per averlo scortato fino al Tonale.
    Il luogo veniva nuovamente citato nel 1091, quando gli abitanti della Val di Scalve (acerrimi nemici per secoli dei bornesi) trucidarono al Piano di Borno il capitano del comune e la sua famiglia.
    Nel 1154, il Vescovo Raimondo consacrò la cappella dedicata a San Vittore, patrono del paese. La stessa cappella è citata in altri documenti del 1234, 1341 e del 1459 inerenti patti di livelli e diritti di pesca sempre riferiti al godimento del Vescovo di Brescia.
    Ancora gli uomini del Piano di Borno compaiono in un documento del 1168 quando gli abitanti di Esine (comune confinante con la sponda sinistra dell'Oglio) si opposero alla costruzione di una palizzata per evitare l'esondazione del fiume in località Bettolina (attuale Chiesolina). La disputa procurò almeno undici morti e la distruzione della palizzata. Per comporre la questione dovette intervenire l'autorità bresciana imponendo la "Pace di Montecchio".
    L'evoluzione dell'organizzazione del comune di Borno aveva prodotto degli statuti atti ad evitare abusi (o privilegi) sul territorio di sua competenza: per evitare che il "piano" divenisse "troppo importante" a discapito del capoluogo, tra le numerose "osservanze" si trovano dei regolamenti comunali che proibivano ai possidenti, abitanti del Piano, di dimorarvi per tutto l'anno solare. Essi infatti potevano restare in loco solo nella stagione della semina e del raccolto, poi nella stagione invernale erano obbligati ad abitare sull'altopiano a Borno. Si presume che questo stato di cose fosse attuato per evitare la costituzione di una nuova vicinia indipendente.
    Fu così che dalla metà del XV secolo, iniziarono i litigi tra gli abitanti del Piano che avevano spostato i loro interessi nella zona, e quelli del capoluogo Borno, imperniati sul principio dell'uso dei beni legati alla chiesa di San Vittore, che una bolla di Callisto III (Alonso Borgia 1378-1458), decretò eslusivo diritto di Borno.
    Le diatribe tra le due comunità (Borno e Piano di Borno) continuarono per secoli, con diversi interventi delle massime autorità (1543, 1573) che comunque ribadivano regolarmente lo "status quo" e lasciavano le cose come stavano, Borno capoluogo e Piano di Borno una semplice frazione.
    Nel 1521 una eccezionale alluvione sconvolse la palizzata di sostegno degli argini, divenuta tristemente famosa alcuni secoli prima, ma in parte ricostruita e il fiume Oglio cambiò addirittura il suo corso.
    Nel 1544 un'altra alluvione danneggiò nuovamente, in modo grave, gli argini che solo un ventennio prima erano stati ricostruiti, e il nobile Tito Federici di Erbanno, proprietario di gran parte della campagna allagata, fece trasportare del legname per ripararli. Gli esinesi però, ancora una volta, si opposero poiché in caso di nuove inondazioni il fiume sarebbe straripato sulla sponda opposta e cioè verso le loro proprietà.
    Verso la fine dello stesso secolo, a riprova della sua ormai consistenza urbanistica, il cartografo veneziano Pallavicino indicava Cogno sulla carta del territorio Bresciano.
    Un altro tentativo di separazione del Piano di Borno dal capoluogo fu intrapreso nel 1756 con una domanda rivolta al Doge di Venezia: ancora una volta con esito negativo per i Piambornesi, per la forte opposizione degli uomini di Borno.
    Quasi un secolo prima però la chiesa di San Vittore era stata alevata a parrocchia del "Pià de Bùren" e dunque le funzioni religiose erano gestite in loco, con un proprio sacerdote, pur dipendente ancora (formalmente) dal parroco di Borno. Le famiglie nobili e benestanti di Borno continuarono a scendere al Piano e a costruire abitazioni signorili: nella pianura verso Erbanno si insediarono per prime le famiglie bornesi dei Gheza, Dabeni, Magnoli, mentre a Cogno si installarono i Franzoni e i Camozzi. E fu quest'ultima, capostipite Giovan Battista, quando Cogno contava circa duecento abitanti, che nel 1652 fece costruire la chiesetta di San Filippo che donò, con relativo beneficio, al figlio Ludovico, ordinato sacerdote presso i Filippini di Brescia. La chiesa fu consacrata nel 1662 ed era accanto alla antica "contrada de Cogn", una parte del vecchio borgo che risaliva (ed era ben conservata) al medio evo (l'autore vi ha abitato, in fanciullezza, per alcuni anni) e che all'inizio di questo secolo è stata completamente cancellata per fare posto ad altre abitazioni.


DA VISITARE:
Incisioni rupestri: dalla metà degli anni ottanta del secolo scorso, grazie ad alcune scoperte di Gianfausto Rivadossi di Borno, e poi con l'intervento di noti studiosi e ricercatori, sono stati catalogati e studiati oltre duemila segni incisi sulle rocce dislocate sui massi levigati e disseminati nel boschi nei pressi del convento dell'Annunciata. Le incisioni, visitate e in parte studiate, dal dott. Ausilio Priuli, del museo archeologico di incisioni rupestri di Capo di Ponte, vengono fatte risalire dal III secolo a.C. e testimoniano uno spaccato di vita, anche cultuale, degli antichi Camuni e in particolare degli abitanti dell'altopiano di Borno. Fra di esse, eseguite tutte con la tecnica "polissoire", ovvero con un unico segno eseguito con punta acuminata, sono stati scoperti alfabetari nord etruschi, nella cui stesura individuale presentano almeno tre lettere nuove e indicate come peculiarità dei maestri camuni.
L'Annunciata
: sul crinale della montagna che sovrasta tutta la bassa Valle Camonica sorge il complesso monastico che, dalla seconda metà del XV secolo, ovvero dalla sua fondazione, ha dato il nome alla località: l'Annunciata. Attualmente è gestito dai frati cappuccini ed ospita poco meno di una decina di frati che ne curano l'aspetto religioso. La sua costruzione, iniziata nel 1463 e terminata in pochi decenni, era stata voluta dal Beato Amedeo Menez de Sjlva, e la dedicazione alla Annunciata è evidenziata in quattro capitelli scolpiti presenti nel chiostro maggiore dove compare oltre alla data, 1483, anche il nome del Papa, Sisto IV, che ne autorizzò la richiesta. Nel convento abitarono per primi e fino al 1508 gli Amadeiti, fondatori, poi i frati Minori Osservanti, fino al 1601. Successivamente furono i frati Minori Riformati ad essere presenti, e lo furono fino al 1808 cioè quando, in epoca napoleonica, il complesso monastico fu messo in vendita, come molti altri beni ecclesiastici. Fu acquistato dalla comunità di Borno che lo affidò nel 1842, ai frati Cappuccini. Qui abitò per diversi anni padre Innocenzo da Berzo che fu proclamato Beato da Giovanni XXIII il 12 novembre 1961. Presso il convento si trova un piccolo museo dedicato allo stesso Beato: viene anche pubblicato un periodico ed è tenuta in massima considerazione una forte attività epistolare (via internet) con tutto il mondo. La località è oltremodo celebre sia per la sua incantevole posizione, dalla quale si domina tutta la bassa e media Valle Camonica ed il lago d'Iseo, sia per la ricchezza delle sue espressioni artistiche ed architettoniche e peril senso di pace e di quiete che il sito trasmette. Anche ai nostri giorni vi è una particolare devozione che tanti fedeli portano nei confronti del Beato Innocenzo da Berzo. Al suo interno si possono ammirare alcuni cicli di affreschi particolarmente pregiati, fra cui emerge la "Vita di Gesù e la sua Passione" nella parete divisoria della chiesa, attribuita alla scuola del Da Cemmo e quello del coro raffigurante la storia di Maria, dipinto nel 1475 da Giovanni Pietro Da Cemmo. Altri affreschi raffigurano scene di vita dei Santi ed altri temi religiosi e sono opere, fra gli altri, di : Maestro di Bienno, Tura, Cossa, Lamberto Orazio De Rossi. Vi sono inoltre diversi dipinti i cui autori sono: Antonio Paglia, Nicola Grisani, Antonio Morone, Lorenzo Zanettino e il Focardi. Nel 1995, su iniziativa della locale Pro Loco, la strada che da Cogno e Piamborno sale al convento dell'Annunciata è stata chiamata "Strada del Beato"; in ricordo del Beato Innocenzo da Berzo che, ospite del convento per lunghi anni, la percorreva per recarsi a predicare e confessare nei borghi della Valle Camonica. Nella primavera del 1996 lungo la "Strada del Beato",in località Piana di Gobbia, è stata allestita un'area definita "L'Oasi del Beato" con una stele marmorea raffigurante, a mosaico, il Beato Innocenzo.
Nel 1995, su iniziativa della locale Pro Loco, la strada che da Cogno e Piamborno sale al convento dell'Annunciata è stata chiamata "Strada del Beato"; in ricordo del Beato Innocenzo da Berzo che, ospite del convento per lunghi anni, la percorreva per recarsi a predicare e confessare nei borghi della Valle Camonica. Nella primavera del 1996 lungo la "Strada del Beato",in località Piana di Gobbia, è stata allestita un'area definita "L'Oasi del Beato" con una grande stele marmorea raffigurante il Beato Innocenzo.
Da segnalare alcuni portali di edifici privati a Piamborno come casa Dabeni in via Nazionale, dove sono visibili dei dipinti murari esterni con due episodi dei "Promessi Sposi" del Manzoni.
La Parrocchiale di Piamborno è stata edificata con linee squadrate e lineari e fu costruita verso la fine del 1800. Visibili delle opere pittoriche di Domenico Carpinoni (una Trinità proveniente dalla vecchia chiesa parrocchiale di San Vittore) e di Francesco Domenighini.
La Chiesetta di San Filippo Neri è accanto al centro storico della vecchia borgata di Cogno (ora malamente distrutta, nel 2002, in quella che era chiamata la "contrada": bell'esempio di insediamento medioevale di case popolari. Al suo interno sono visibili opere, affreschi e tele attribuite a Giovan Battista Guadagnini di Esine. L'altare è decorato con marmi neri e bianchi. Il campanile è databile al 1600.
La Chiesetta della Madonna detta anche "Cesùlina (Chiesolina), ", fu edificata nel 1500 e contiene affreschi del Corbellini, un'Immacolata attribuita ad Andrea Celesti e delle tele del Grisani.

LOCALITA’ COMUNALI :
(Molte delle località di seguito riportate forse non sono più presenti nella memoria delle nuove generazioni o nelle carte, o nei contratti notarili o nei testi contemporanei. Alcune risalgono, nella loro identificazione, a molti secoli addietro, altre hanno mantenuto intatto la loro localizzazione e il loro nome passando di proprietà in proprietà, altre ancora, anche ai nostri giorni, sono presenti in carte catastali, in contratti di compra vendita o semplicemente nella parlata di tutti i giorni).
Aivale (Aivàl) m.234: zona agricola posta al confine con comune di Darfo Boario Terme deriverebbe dalla voce dialettale camuna "aivàl" (acquedotto), voce a sua volta derivata da "àigual" o "àigua" (acqua). Il confine con Darfo, in parte è delimitato dal rigagnolo Ogliolo.
Bertelli (Bertéi; Berteli) m.640: ad ovest di Cogno, al confine con comune di Ossimo: il nome deriva da un cognome diffuso nella zona.
Dosso (Dòss) m.621: a nord di Piamborno il cui nome deriva dal vocabolo latino "dorsum" (dosso), rialzo naturale nel terreno.
Lanzato (Lanhì) m.480: area posta a mezza costa, da sopra l'abitato di Piamborno fino al confine con Erbanno. Probabilmente il toponimo deriva dal cognome Lanzini, diffuso in tutta questa zona, che da secoli era terrazzata per la coltivazione della vite.
Ginocchio (Senòcc) località posta poco sopra la ex strada statale 42, prima di giungere all'abitato di Cogno, nei pressi dello sbarramento artificiale e del ponte per Esine sull'Oglio, sulla strada per l'Annunciata, caratteristica perchè la famiglia che vi risiedeva aveva assunto lei stessa quel nomignolo forse per la conformazione del terreno e della vecchia strada che compie un angolo acuto simile ad un ginocchio piegato.
Piano di Pirla (Pià del pirla) falsopiano sulla "Strada del Beato", a nord di Piamborno a circa 450 m. slm, da cui si imbocca il "sentér del pirla" (sentiero) che riconduce al fondovalle verso Erbanno.
Piana di Gobbia (Pià de Gòbbia) piccolo e incantevole altopiano posto a circa 500 m. slm da cui si gode una vista panoramica su tutta la bassa Valle Camonica sino al Lago d'Iseo. E' all'apertura di questo pianoro che si apre l'Oasi del Beato. Dal 2005 questo "balconcino sulla valle" è stato completamente cementificato con il rifacimento di alcuni "caselli" ma anche la costruzione ex novo di abitazioni adibite a seconde case.
Colombera (Colombèra) località poco a nord di Piamborno e a sud di Cogno, fino all'inizio del 1900 era una importante stazione di posta e di cambio cavalli anche per le "diligenze" e le "corriere" che salivano a Borno dalla vecchia strada che si inerpicava con stretti tornanti in quella che ora è località "Vigne", prima della realizzazione della SP che sale a Borno da Malegno.

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