Questo piccolo, antico paese della media Valle Camonica affonda le sue origini in epoca pre-romana, forse fu fondato dai primi abitatori stanziali in questa zona (posta poco al di sopra delle paludi che, anche in questa parte mediana della Valle occupavano i terreni presso le sponde dell'Oglio: visibili sono ancora tutt'oggi degli affossamenti del terreno in cui dovevano esserci almeno tre laghi, tra Breno e Capo di Ponte) appartenenti al ceppo ligure-celtico. Il primo nucleo, sorto in località Fontana, cioè poco più a valle della posizione attuale, doveva essere formato, come in molti altri casi simili, da dei semplici ripari agricoli o da delle costruzioni in legno e pietrisco nate intorno o nei pressi di un torrente o ad una sorgente a cui fare abbeverare il bestiame. Prova inoppugnabile e preziosa per accertare che in zona, però in epoca post-romana, sorgeva già un piccolo nucleo abitato, è stato il ritrovamento, nel 1952, di una tomba risalente all'anno 500. Rinvenute e protette nei secoli da un astuccio composto da un cilindro doppio, delle monete, alcune d'oro, risalenti al periodo degli imperatori bizantini Leone I, Zenone Isauro e Anastasio I, ora questi reperti sono conservati ai Musei di Brescia.
All'inizio del secondo millennio il primitivo nucleo agricolo si doveva essere già in parte sviluppato e ingrandito fino a comporre un borgo che, oltre ad edifici rurali, comprendeva anche qualche casa signorile, con solide strutture murarie visto che una data: il 1011 è incisa sull'architrave di una abitazione posta nell'antica via Ziralda. Dopo il lungo periodo in cui i monaci francesi del potente monastero di Tour, che in valle avevano ricevuto vasti possedimenti e benefici da Carlo Magno, riuscirono a bonificare il fondovalle anche oltre le colline di Breno (come scritto sopra dovevano esserci in zona almeno tre laghetti che rallentavano il corso dell'Oglio e che furono "interrati"), nel 1100 si stabilì a Braone un ramo dell'antica e nobile famiglia guelfa dei Griffi, che per più di tre secoli fu predominante nella zona e molto influente in tutta la bassa Valle Camonica. I Griffi erano una delle grandi famiglie di origine Longobarda che anche sotto i Franchi prima e sotto il Vescovo di Brescia poi, con altre famiglie bresciane legate alla Curia, ricevettero infeudamenti e benefici in Valle e il particolare proprio a Braone. Fu il vescovo di Brescia, loro parente, che aveva anche il titolo di Duca della Valle Camonica, a insignire il ramo di Losine dei Griffi, già proprietari di vasti beni al loro paese d'origine, sulle terre che da Breno comprendevano gran parte dei terreni e boschi sulla sponda sinistra dell'Oglio, fino a Capo di Ponte. Altre famiglie, sia di origine Franca che provenienti da altre valli lombarde, in quel periodo si stabilirono nella zona e in documenti notarili di vendite o cessioni compaiono spesso nomi che diventeranno comuni in tutta la Valle Camonica: Gelmini, Bonfadini, Bertuzzi, Facchini, Vielmi, Cancellerini, Gronchi. Se, come citato prima, il torrente che lo attraversava (il Palobbia di Braone) fu uno dei motivi della sua origine, fu anche il protagonista e causa di distruzioni che più volte travolsero l'abitato che fu invaso da diverse ondate di piena e da inondazioni. Ma oltre ad essere fonte di disastri e lutti il torrente Palobbia fu però anche foriero di lavoro: infatti i grandi massi di granito, trasportati a valle dalle pendici del massiccio del gruppo dell'Adamello, furono materiale usato nelle costruzioni e nell'abbellimento delle stesse fin dall'antichità. Questa consolidata tradizione, che si protrasse per secoli, fece si che nascesse e divenisse nota e rinomata una scuola di abili scalpellini locali che furono gli autori anche dei numerosi e classici portali che si vedono ancora oggi in molte case poste nel caratteristico centro storico. Solo nel 1450 Braone ebbe la sua parrocchia e il suo fonte battesimale che venne costituito staccandosi dalla vicina Niardo. Anche nel Medio Evo molte e devastanti furono le inondazioni. Questo indusse gli abitanti, dopo l'ennesimo disastro, a spostare più a nord il paese costruendo le nuove loro dimore in località Sommavilla che sembrava posta in una zona più riparata dalla furia delle acque del Palobbia. Ma anche nella nuova collocazione si susseguirono, con impressionante ricorrenza, serie di devastanti inondazioni e distruzioni: vanno ricordate, tra le più disastrose, quelle che nel 1545, 1634, 1644, 1789 e nel 1845, che fecero grandi danni e provocarono anche vittime. Ma i Braonesi, dopo ogni inondazione, dopo ogni disastro, si sono sempre rimboccati le maniche e ostinatamente, con estrema testardaggine, hanno sempre ricostruito le loro abitazioni danneggiate e questo si nota benissimo nel centro storico, la vecchia anima del paese, dove sono visibili costruzioni erette nel cinquecento e nel seicento che sono a fianco di case o di cascine e di fienili (ora quasi tutte rimodernate) di epoche ben diverse. Solo dal 1846, dopo un'ennesima luttuosa inondazione, sotto l'impero austriaco, nuove calamità e danni furono impediti dalla costruzione di un argine che metteva finalmente le briglie al Palobbia. Braone fu da sempre una delle frazioni del vicino borgo di Niardo ma nel 1820, vista anche la consistenza numerica degli abitanti, il paese divenne comune autonomo e lo rimase per circa un secolo. Anche per il piccolo borgo di Braone le difficoltà di una vita stentata portarono molti ad emigrare, specie all'estero per cercare un lavoro o una vita migliore: negli anni 1904/1905 su una popolazione di 479 furono 36 ad andarsene, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 607 residenti furono ben 101 ad emigrare. Nel 1927, durante il ventennio fascista, che aveva accorpato i paesi più piccoli con quelli più popolosi, Braone fu aggregato amministrativamente a Breno ma dal 1949 ridivenne comune autonomo. |