CAPO DI PONTE


    La zona della media Valle Camonica, ai piedi del monte Concarena, che attualmente ricade sotto l'amministrazione di Capodiponte con la sua antichissima frazione di Cemmo è stata definita la capitale mondiale delle incisioni rupestri. Fino ai nostri giorni ne sono state scoperte a centinaia di migliaia: sono analizzate, studiate, fotografate, filmate, catalogate e pubblicate, ma ancora centinaia di migliaia sicuramente dovranno essere scoperte in un sito che doveva essere il "cuore" di quel grande luogo sacro, che era la Valle Camonica per gli antichi: da considerarsi come uno dei grandi Santuari naturali della Preistoria. É ormai accertato che i primi insediamenti umani nella zona iniziarono intorno all'8000 a.C. (anche se di recente questa datazione potrebbe slittare, dopo studi e ricerche degli ultimi anni, ancora indietro di altre migliaia di anni), dopo il ritiro, a quote più elevate, dei grandi ghiacciai che avevano per millenni ricoperto la Valle Camonica e le altre valli, fin ben oltre i primi contrafforti delle Alpi.
    Era quel periodo climatico della storia del nostro pianeta chiamato "Atlantico", in cui, dopo i grandi freddi, facilitata da alte o più miti temperature, si era sviluppata una folta vegetazione e per questo, trovando facili pascoli e rifugi, gli animali si erano spostati dalle pianure anche nelle valli e a quote più elevate.
    Inseguendo e cacciando la numerosa selvaggina che doveva stanziare nelle fertili boscaglie della valle, alcuni sparuti gruppi di uomini (appartenenti al ceppo dei Liguri), prima formati da cacciatori stagionali trasformandosi poi in gruppi stabili e residenti, scelsero quest'area per insediarsi in modo stabile.
    Una zona suggestiva e intrisa di magici fenomeni naturali che agli occhi dei nostri progenitori potevano avere il significato del soprannaturale e del divino. La grande sacralità che evidentemente emanava in questi siti è forse attribuibile anche ad un fenomeno atmosferico spettacolare e particolare chiamato "Spirito della montagna". Si tratta di un fenomeno naturale e (ora) ben spiegabile: è la rifrazione inconsueta, imponente e suggestiva che in certi ben precisi giorni, i raggi solari creano intorno al massicico del Pizzo Badile, ma specialmente, al tramonto, dietro i picchi della Concarena, in una atmosfera carica di umidità sospesa intorno alle due cime. Questo provoca la proiezione di una immensa ombra, grigia o blu, che sembra scaturire dalla montagna stessa proiettandosi verso il cielo. L'effetto ottico, bellissimo e affascinante, doveva essere ricolmo di grandi significati spirituali e anche sconvolgente per gli antichi abitanti o frequentatori della zona.
    Per questo gli antichi Camuni cercarono di trasmettere, con il loro incidere le levigate rocce, lasciate scoperte dai ghiacciai, tutta l'importanza che aveva per loro questo luogo incantato e perciò rimarcare tutte le valenze sacrali di grande richiamo mistico con le logiche paure, le ansie e le suggestioni ben comprensibili e emotivamente rimarcabili.
    Alcune figure incise risalgono al Paleolitico (dall'8000 al 4000 a.C.) addirittura prima dell'avvento delle forme più semplici di agricoltura e cioè dove venivano ancora raccolti direttamente i frutti selvatici dalle piante.
    Altri graffiti, molti sovrapposti alle immagini precedenti, sono datate al periodo Neolitico (dal 4000 al 2800 a.C.). Questi "graffi alle nostre rocce" rappresentano oggetti, simboli, figure antropomorfe legate alla caccia, all'agricoltura, alla religione e potrebbero esprimere forse anche degli stati d'animo. Nell'Eneolitico (dal 2800 al 2000 a.C.), quando anche in Valle Camonica si perfeziona e si specializza l'agricoltura (irrigazione diretta e terrazzamenti) e inizia la lavorazione dei metalli, compaiono le prime scene narrative, formate dalla sequenza di più figure collegate tra loro nelle stesse azioni. Nell'Età del Bronzo (dal 2000 al 1000 a.C.) le incisioni si trasformano radicalmente e diventano meno simboliche e più imitative della realtà quotidiana pur riproponendo ancora una forte religiosità legata alla terra, ma, anche in questo periodo di un migliaio di anni, sono ancora numerose le scene di caccia e di vita quotidiana.
    Gli studiosi hanno accertato e studiato il metodo che veniva usato per incidere più o meno profondamente le rocce: questo avveniva battendo ripetutamente, con colpi successivi dati con diversa forza, sulla superficie dei grandi massi resi lisci e levigati dallo strofinamento con altri massi provocati dal movimento dei ghiacciai. Questo metodo di "lavoro" o di "rito" era compiuto (forse da sacerdoti o da incaricati dalle collettività) con pietre di pari durezza (non se ne trovavano in zona di altro tipo), però, quelle usate dall'uomo erano rese più efficaci a causa della maggiore convessità dovuta alle loro minori dimensioni.
    Nell'Età del Ferro (dal 1000 a.C. alla dominazione romana, nel I secolo avanti Cristo) avvenne un vasto sconvolgimento sociale dovuto alla scoperta e allo sfruttamento di alcuni giacimenti di metallo ferroso. Ne furono rinvenuti molti in quasi tutta la Valle Camonica e anche nei pressi di Capodiponte. Questo attirò subito un notevole interesse commerciale. Si affacciarono all'imboccatura delle valli alpine i Celti che ben presto andarono a sovrapporsi ai Liguri e ne soppiantarono la primitiva forma sociale. Ma anche i nuovi dominatori restarono indubbiamente affascinati dai prodigi naturali e "adottarono" molta della spiritualità locale.
    Altri popoli, provenienti dall'Italia peninsulare ma anche dal centro Europa vennero a contatto con gli abitanti della Valle Camonica e questo provocò, anche se molto lentamente, la creazione di un mondo completamente diverso nei rapporti umani fino allora presenti nel microcosmo valligiano.
    L'influenza di questi contatti si ripercosse anche sulle incisioni rupestri.
    La millenaria cultura del primitivo Popolo Camuno decadde in modo lento ma progressivo a partire proprio dall'arrivo dei Celti, all'inizio del sec. IV a.C., anche se, se pur in forme minori, proseguì pure sotto la conquista dei Romani, la successiva cristianizzazione e in epoca successiva, fino al medio evo. La tradizione di incidere la roccia infatti è provato che si protrasse anche dopo l'imposizione del Cristianesimo, che comunque fu obbligato, come ogni altra religione che si integra su un tessuto religioso precedente, ad adottare alcune delle forme esteriori e simboliche più antiche adattandole alla sua dottrina.
    Il primo studioso che rese noti agli ambienti scientifici mondiali la presenza delle incisioni rupestri (dette in dialetto locale "pitöti") fu il professor Gualtiero Laeg, che segnalò questo immenso patrimonio culturale partendo dai Massi di Cemmo, zona in cui doveva essere localizzato il più antico insediamento abitativo di questa zona della Valle Camonica. Il fondo valle, come per quasi tutta la bassa e media Valle Camonica doveva essere una malsana e vasta palude che dipartiva dalle sponde del fiume Oglio e si estendeva fino alle prime pendici delle scoscese montagne e per questo motivo tutti primi gruppi di abitazioni sorsero non sul fondo valle ma in posizioni dominanti (anche per questioni difensive) o a quote elevate. Solo a partire dall'800 e per non meno di tre secoli, fino circa all'anno mille, i monaci di Tours prima e i Cluniacensi poi, che avevano ottenuto da Carlo Magno vastissimi possedimenti e diritti in Valle Camonica, bonificarono le pianure alluvionali che erano da contorno all'Oglio e al Lago d'Iseo che doveva estendersi ben più a nord dell'attuale bacino e anche la piccola pianura alluvionale nei pressi dell'attuale nucleo di Capo di Ponte venne bonificata e resa fertile come anche, si iniziò la coltivazione intensiva delle pareti delle pendici della Concarena creando piccoli spazi piani con dei terrazzamenti (giunti fino ai nostri giorni).
    A lungo, dopo l'anno mille, Cemmo mantenne una notevole importanza sia politica che religiosa tant'è che nel XII secolo fu sede del Podestà di Valle: questi aveva vaste funzioni amministrative e giudiziarie. Nel 1300 e per buona parte del secolo successivo, Cemmo restò il capoluogo di una delle contee più popolose della Valle Camonica. Tra i Conti che ebbero sede a Cemmo una particolare menzione deve essere fatta per quel Boccaccino della Torre, che fu nominato nel 1413 alla più alta carica amministrativa del Ducato: Podestà di Milano. Boccaccino ricevette questa importante carica, che prevedeva laute prebende e alti titoli, in cambio dell'aiuto prestato ai Visconti nella lunga (e con alterne fortune) guerra contro la Serenissima Repubblica di Venezia.
    Nel 1430, abbandonando disinvoltamente la politca del congiunto, con notevole disincanto politico, classico dell'epoca, il conte Bartolomeo della Torre fu uno dei primi e principali sostenitori, in Valle Camonica, delle truppe venete, che strapparono tutte le valli bresciane ai milanesi, dopo numerose scorribande, scontri, assedi e battaglie.
    Questo rese la contea di Cemmo ancor più importante, visti anche i vari benefici ed esenzioni che vennero accordati da Venezia alle principali famiglie locali che si erano schierate dalla sua parte. La giurisdizione amministrativa dei nobili locali fu ampliata anche territorialmente e una certa floridezza economica del borgo durò abbastanza a lungo, al contrario di molti siti del resto della Valle Camonica.
    Nel frattempo si era sviluppata e si era notevolmente ingrandita, a fondo valle, la frazione di Capodiponte: questo ampliamento portò nell'ambito comunale, dal XVI secolo, al logico decadere della "supremazia" politica e amministrativa di Cemmo. A testimonianza dell'antico splendore del vecchio borgo cemmese restano tuttavia numerosi monumenti, specialmente alcune belle e imponenti chiese ed alcuni edifici civili.
    Abbiamo già scritto a più riprese in altri capitoli della Storia della Valle Camonica, delle numerose e importanti miniere di materiale ferroso che costellavano le montagne camune e sfruttando questa prerogativa sorsero, anche a Capo di Ponte, numerose fucine, collegate ad un forno fusorio, che lavoravano anche il materiale che giungeva dalla vicina Val di Scalve, in cui l'attività estrattiva e lavorativa risaliva ad epoca preistorica.
    Moltissimi erano i Camuni occupati direttamente nel settore metallurgico ma altrettanti lo erano indirettamente per la produzione di carbone che raggiunse ragguardevoli quantità dato che era elemento fondamentale nel processo fusorio e nella composizione delle leghe metalliche.
    Anche le varie attività commerciali e artigianali, che erano fiorite nella zona, davano una certa occupazione e un discreto reddito (che come nel resto d'Italia fino al XX secolo era comunque sussidiario alla principale occupazione: l'allevamento del bestiame e l'agricoltura). A partire dalla dominazione veneziana si annoveravano (oltre alle già citate fucine) anche alcune filande e diversi mulini. A Capodiponte funzionava da tempo, ed era molto nota anche fuori dalla Valle Camonica, una fabbrica di cappelli che lavorava direttamente la lana che circa 500 pecore allevate nella zona, più altre dei paesi vicini.
    Furono molte le illustri famiglie che nei secoli contribuirono a fare la storia di Cemmo prima e di Capodiponte poi: i Bazzini, di origine bergamasca che annoverarono conti, insigni artisti e numerosi religiosi; gli Zitti, di cui non si hanno notizie di discendenti diretti viventi, anche loro originari delle valli bergamasche, che giunsero a Cemmo nel 1500 e che raggiunsero notevole potenza economica dedicandosi alla lavorazione del ferro e occupandosi di amministrare le vaste proprietà terriere di cui erano i possessori e beneficiari: l'attuale palazzo delle suore Dorotee di Cemmo, appartenne, in origine a questa famiglia; i Belotti (un nobile membro di questa famiglia fu anche aggregato al Maggior Consiglio della Serenissima Repubblica Veneta); i Della Torre (o Torri) che giunsero a Cemmo nel 1600 ma che avevano lontane origini carolinge. Vengono ancora ricordati i Murachelli che nel 1600 fondarono in Cemmo una Cappellania di "Jus patronato" della famiglia e i Cattane. Assunsero notevole importanza anche i casati degli Angeli, dei Pellegrini, gli Stocchetti e i Visinenza.
    Tra i più illustri figli di queste terre merita una menzione particolare il noto pittore Giovanni Pietro da Cemmo: era un frate agostiniano, nato nel 1486, appartenente ad una stirpe di artisti e le sue belle opere sono presenti in moltissimi edifici religiosi della Lombardia. Per lungo tempo aveva studiato a Padova presso il convento degli Eremitani e qui aveva perfezionato la propria tecnica pittorica: da allora tutte le sue opere furono sempre influenzate da questo periodo di ricerca e di studi.
    Anche a Capo di Ponte l'emigrazione fu una piaga costante che raggiunse punte notevoli negli anni 1904/1905 quando, su una popolazione di 1883, furono 133 ad andare lontano da casa, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 2579 residenti furono 992 Capontini a cercare una vita migliore anche all'estro.
    Dopo la scoperta e la valorizzazione dell'enorme patrimonio culturale delle incisioni rupestri, sparse ovunque in numerose località del territorio, sia sulla sponda destra che su quella opposta del fiume Oglio, in cui sono chiaramente identificabili e visibili le numerosissime orme lasciate dai nostri progenitori, l'economia di Capodiponte si è diretta anche verso questo importantissimo sbocco che vede conciliare il turismo con la cultura. Dal 2008 l'edificio che ospitava il Centro Camuno di Studi preistorici, diretto dal professor Anati, è stato trasformato in una vera e propria "cittadella della cultura" che, oltre al "Centro" ospita anche biblioteche, studi e sale per manifestazioni e convegni.


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