CIMBERGO


    Anche in questo bel borgo (come in molti altri paesi camuni), che sorge in quota, sul lato sinistro della media Valle Camonica, sono molte e meravigliose le testimonianze lasciate dagli antichi uomini preistorici appartenenti al popolo dei Camuni. Numerose sono infatti le incisioni rupestri scoperte poco a sud del paese ma, particolarmente significative, sono anche le vestigia e i resti di antiche abitazioni e di rifugi o ripari ricavati nella roccia che dovevano essere da ricovero ai primi gruppi di cacciatori che risalivano la valle all'inseguimento degli ungulati che cercavano rifugio nelle selve e nei boschi alpini. Sono state ritrovate delle strutture megalitiche che fanno ritenere come il sito, dalla sua posizione dominante, fosse anche teatro, in epoche preromane, di luoghi di culto pagani o di riunioni a sfondo religioso e mistico.
    Anche in epoca cristiana e medievale, specialmente in località Campanine e nei pressi del picco Belvedere, sulle rocce levigate, mantenendo l'antichissima tradizione camuna, furono incise numerose croci ed altri simboli religiosi. Il campo archeologico 1996, che si è svolto in località Campanine di Cimbergo, a cura del dipartimento Valle Camonica del Centro Camuno di studi preistorici (con sede a Capo di Ponte), ha portato a scoperte eccezionali, le più consistenti in questo sito nell'arco degli ultimi 20 anni e, con molta probabilità, le maggiori d'Europa. Nel complesso sono emerse 18 nuove superfici fino ad allora sconosciute, numero che porta a 48 il totale delle rocce figurative nell'area interessata a questi studi. Questa zona si configura in tal modo come una delle grandi aree rupestri del centro della Valle Camonica, il che significa uno dei maggiori centri istoriati alpini europei e mondiali. Le figurazioni scoperte sono almeno 500 che vanno ad aggiungersi alle circa 3500 già conosciute, alcune delle quali di notevole livello storico.
    Sono visibili e ottimamente conservate: una scena di aratura, mappe topografiche, ruote (probabilmente simbolo del dio celtico Taranis), decine di capanne (a figurare, in più casi, dei villaggi), moltissime figure antropomorfe (oranti e guerrieri spesso in scene complesse ed originali), armi isolate (soprattutto asce da combattimento), chiavi e croci medievali, diversi altri simboli. Poche, stranamente, a riscontro le figure di animali (cervi, cavalli, cani e serpenti) e quelle di altri soggetti presenti in altri siti, a conferma del fatto che ogni area rupestre della Valle Camonica dovette assumere, come pensano più studiosi, ruoli culturali tradizionali e diversificati, integrati sotto una regia forse unitaria ma in un sistema rinnovato in ogni ciclo. Tali cicli, in località Campanine, si riferiscono al lungo periodo compreso fra il neolitico-calcolitico (IV-III Millennio a.c.) e la piena Età Storica (XIII-XIV sec.) con una netta prevalenza dell'Età del Ferro (I millennio a.c.). I vari sistemi forniscono indicazioni preziose per meglio comprendere i messaggi dell'ancora misterioso gigantesco emporio rupestre della Valle Camonica.
    Dopo il campo studi della fine degli anni '90, è stato affrontato uno studio dettagliato con vaste e preziose pubblicazioni delle scoperte per una valorizzazione dell'area come parco archeologico tutelato all'interno della Riserva delle Incisioni Rupestri di Ceto-Cimbergo-Paspardo. A quel campo avevano partecipato anche 42 volontari provenienti non solo da varie regioni italiane ma anche dagli USA, dalla Grecia, dalla Germania e dalla Svizzera. Anche nei primi anni del 2000 sono state molte e rilevanti le scoperte di altre incisioni rupestri e si pensa che molte altre possano ancora essere presenti in questa zona.
    Passato l'anno Mille la prima investitura feudale a Cimbergo fu fatta dal Vescovo di Brescia, Duca di Valle Camonica, nel 1153 a Lanfranco Ghisalberti, della gens Ghisalbertiana, di origine bergamasca. Dalla stessa stirpe discenderebbe anche un'altra potente e importante famiglia che raggiunse grande potere oltre che in Valle anche a Brescia: i Martinengo. Nello stesso anno, sempre dal vescovo di Brescia e dal suo vicariato, furono fatte altre investiture nella figura di Martino fu Rodolfo che assunse la carica di sindaco del comune.
    Alcune tra le varie potenti e ricche famiglie che avevano proprietà nella zona (non si sa quale per prima, nei secoli XII e XIII) diedero inizio ai lavori di costruzione di un poderoso castello che domina (ancora oggi) gran parte della media Valle Camonica. La rocca per la prima volta è nominata negli Statuti Bresciani del XIII secolo e, al contrario di altre fortificazioni che sorgevano nei paesi viciniori, non fu mai possedimento della più potente famiglia camuna di quei secoli: i Federici che, ghibellini, non riuscirono ad avere molta influenza su questa zona mediana della Valle Camonica, mentre, fino alla dominazione Veneta, erano, con i vari rami, presenti in molti paesi, borghi, rocche e castelli.
    La rocca di Cimbergo restò a lungo sotto il dominio delle antiche famiglie nobili, che ebbero infeudamenti e il conseguente titolo comitale nella vicina e vasta contea di Cemmo, queste stirpi erano tutte di fede guelfa, perciò molto legate alla Curia Bresciana. Il castello, roccaforte dei Guelfi camuni, resistette, a più riprese e in epoche diverse, a vari tentativi d'assalto delle truppe milanesi dei Visconti e dei loro alleati (Federici in testa). L'appartenenza allo schieramento guelfo fu mantenuto, malgrado le numerose guerre, lotte, vittorie e rovesci, fino al 1288, anno in cui il castello fu espugnato e distrutto dai Bresciani che si erano alleati momentaneamente ai milanesi, a cui i notabili locali si erano ribellati.
    La repressione fu sanguinosissima tanto che, per rappresaglia, Bernabò Visconti fece impiccare, in un solo giorno, il 6 luglio 1361, ben 38 guelfi, quasi tutti di Cimbergo. Fu in seguito alle continue estenuanti lotte che il 12 marzo 1378, su insistenza dello stesso Visconti, si riunirono nella rocca di Cimbergo alcuni rappresentanti sia dei guelfi che dei ghibellini delle Valli Camonica e di Scalve per stabilire la cessazione delle ostilità in tutti i luoghi fortificati, ad eccezione della Rocca di Cemmo i cui delegati si erano rifiutati di partecipare all'assise.
    Narra una tradizione orale locale (non è comunque storicamente provato) che soggiornò in questo periodo, nella rocca cimberghese, in una delle sue tante discese in Italia, l'imperatore Federico Barbarossa.
    Nella famosa pace solenne che si svolse sul ponte della Madonna a sud di Breno nel 1397, mentre, sulla sponda sinistra dello stesso ponte era presente il Podestà della Valle, Giacomo Malaspina, in nome dei Visconti, col capitano Suardi e i numerosi ghibellini (Federici in testa), sulla sponda destra, assieme ai capi guelfi era presente anche Antoniolo da Grevo coi suoi alleati di Cimbergo.
    Nel 1428, appartenendo sempre alla contea di Cemmo, giunse l'affido della rocca e il controllo sulle terre di Cimbergo a Bartolomeo da Cemmo.
    Il 28 maggio 1430, in cambio della fedeltà dimostrata, Venezia conferì allo stesso Bartolomeo la giurisdizione sia su Cemmo che su Cimbergo.
    Solo un decennio dopo, nel 1439, Cimbergo, con Cemmo e Vezza d'Oglio, venne conquistato da Minolo Federici, dai suoi sei fratelli e dai suoi uomini. Questi, con l'inganno e cambiando repentinamente per l'ennesima volta schieramento politico, si erano fatti passare per alleati e amici di Venezia ma invece si erano nuovamente avvicinati al Duca di Milano in questa che fu l'ennesima campagna militare e politica che, solo alcuni anni dopo, vide la definitiva vittoria delle armi della Serenissima Repubblica e la cacciata dei milanesi dalla valle.
    L'11 aprile 1441 le truppe alleate a Venezia conquistarono il borgo e il castello di Cimbergo e lo sottrassero definitivamente alla giurisdizione amministrativa della contea di Cemmo. Dalla Serenissima giunse, poco dopo, sulla stessa contea, l'investitura per il conte Paride di Lodrone che nel 1438 era sceso in Valle Camonica contro i Visconti ed in aiuto delle truppe della Serenissima, che si erano trovate in difficoltà.
    Cimbergo, la sua rocca e la sua popolazione, rimase fedele alla Repubblica Veneta anche durante l'ennesima campagna in Valle delle truppe milanesi del Visconti che, con alterne vicende, furono presenti ancora dal 1441 al 1446. Con alcuni atti notarili datati 1447 le terre sotto l'amministrazione di Cimbergo vennero ampliate con vasti beni boschivi.
    Nel 1455, quando la Serenissima dispose che tutte le fortificazioni della Valle Camonica, escluso il castello di Breno, in cui era posta una consistente guarnigione veneta, venissero smantellate, vi fu un'eccezione proprio per il castello di Cimbergo: arrivò dal Maggior Consiglio il permesso che la rocca non venisse demolita, proprio in grazia alle benemerenze acquistate dai conti Lodrone nella lotta ai Visconti.
    Dai Lodrone, nel secolo XVIII, il castello diroccato e semi distrutto a causa di un violento incendio, ormai senza nessun valore strategico e militare, passò in proprietà ad alcune famiglie del luogo. Nella casa parrocchiale di Cimbergo, una iscrizione, che si pensa trasportata da Breno, ricorda che il conte Celso Duceo assunse l'importante carica di Vicario della Valle Camonica nel 1592.
    Nei secoli più recenti Cimbergo fu uno dei numerosi centri montani della media Valle Camonica che si sorreggevano su una economia mista di tipo pastorale, di sfruttamento delle vaste risorse boschive (legname da costruzione, carpenteria e raccolta delle castagne), o agricoltura (produzione di alcune derrate alimentari per il fabbisogno familiare).
    La vita era molto difficile e grama e anche da Cimbergo furono in molti ad emigrare, spesso anche all'estro, epr trovare un lavoro o un vita migliore: tanto che negli anni 1904/1905 su na popolazione residente di 943 Cimberghesi furono ben 78 ad andarsene, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 917 residenti furono 182 ad emigrare.
    Se pur marginalmente, ai nostri giorni Cimbergo tenta di affacciarsi al turismo culturale, anche perché sono notevoli le risorse artistiche che riportano all'origine dell'uomo e all'epoca preistorica.


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