La collocazione geografica del sito dove ora sorge il borgo di Edolo, al vertice di un triangolo che si dirama in tre direzioni: bassa Valle Camonica a sud, valle di Corteno con passo Aprica e Valtellina (e Svizzera) a ovest e alta Valle Camonica (passo del Tonale e Trentino) a nord, fin dai tempi più antichi ha determinato la creazione di insediamenti abitativi. In località Pagà doveva sorgere un antico tempio dedicato a Saturno (e forse anche un antecedente luogo di culto d'epoca ligure-celtica) e l'insediamento romano è certamente rilevabile per l'importanza che l'incrocio delle strade, che confluiscono (o si diramano) poi nelle direzioni descritte, aveva per tutta la zona e per le valli collegate.
Una "statio" romana fu costruita sulla riva destra dell'Oglio all'incrocio di queste importanti arterie e nello stesso luogo è presumibile che venisse eretto anche un posto di controllo militare e commerciale poiché in tempi successivi, vista la frequenza dei passaggi di pellegrini diretti (dal centro Europa) verso le pianure italiche, era sorto, nella stessa posizione della "statio" romana un ospizio. La costruzione di questi edifici adibiti al ricovero di viandanti e pellegrini era molto diffusa, in epoca postromana, nelle valli alpine e molti ne furono edificati anche in Valle Camonica, dove le schiere (solitamente dei gruppi, poiché era più sicuro viaggiano non soli) di chi si recava nei luoghi santi di preghiera cristiana o intratteneva commerci tra le varie regioni, erano spettacoli quotidiani e usuali. Fin dall'epoca della dominazione romana in Valle Camonica, furono tenuti nella zona importanti mercati e fiere con interscambi di merci, prodotti e bestiame sia di taglia grossa (bovini ed equini), che minuta, (ovini e pollame) tra le varie popolazioni alpine. La secolare presenza dell'insediamento romano in questi siti è rimasta radicata anche nella parlata locale con i termini "bois", "tabiàt" "clùsure" ecc. che si distinguono da termini consimili di altri dialetti di altri paesi vicini. Il nucleo abitativo più antico della zona, forse addirittura di epoca celtica, era posto sicuramente a Mu, per la sua posizione dominante, ma una grande frana durante un'alluvione distrusse l'antico abitato e il nuovo centro in cui sorsero le abitazioni, per coloro che si erano stabiliti nella zona, fu nei pressi del ponte costruito sull'Oglio e cioè nel fondovalle. Presso di esso venne eretta, sul luogo in cui sorgeva l'antico tempio romano (e dunque pagano), intorno al sec.VIII, una delle prime Pievi cristiane della Valle Camonica, che divenne il centro di riferimento non solo religioso ma anche politico e amministrativo. Narra la leggenda che il cristianesimo fu portato e divulgato in alta valle da un diacono della cattedrale di Brescia di nome Siro, e vide la sua affermazione prima sotto i Longobardi e poi con Carlo Magno. Fu proprio l'imperatore dei Franchi che, nel 774, donò tutta la valle ai monaci del convento francese di Tours che per secoli ricevettero le decime dai Camuni ma che costruirono anche numerose chiese e templi cristiani, praticamente in ogni borgata. A Mu, vista la sua posizione dominante su buona parte della zona, era stato edificato anche un castelliere che poi era stato trasformato in un vero e proprio castello e che, insieme a vasti possedimenti in alta valle, passò dai monaci francesi al vescovo di Brescia che, col titolo di Duca della Valle Camonica, riceveva le decime, le tasse e gli affitti nominando all'uopo "delegato curiale" con una giurisdizione amministrativa che corrispondeva con quella della Pieve stessa. A capo della Pieve, alla quale facevano riferimento numerose parrocchie minori, veniva insediato un arciprete, coadiuvato dal "Presbiterio", che era costituito dai sacerdoti e dai laici che provvedevano e si dedicavano alla cura delle anime e, con i fondi raccolti, alle cosiddette opere di carità. Come già accennato, ben prima dell'anno mille era sorto un ospizio trasformato in un vasto "xenodochio" (ricovero) dedicato a San Martino (protettore dei monaci di Tour), e collegato con quello di San Remigio in Valtellina. Questa istituzione rimase attiva per più di 500 anni tant'è che si ha testimonianza della sua presenza fino al 1400 e alla conquista della Valle da parte della Repubblica Veneta. All'ospizio, come accadeva spesso, fu anche aggregata una scuola, solitamente con due o tre gradi di istruzione di base a cui potevano accedere solo i bambini maschi. Nel 1200, alcuni documenti riportano che i Federici, per nomina dello stesso imperatore Federico Barbarossa (da cui presero il nome), entrarono in possesso di titoli, beni e del castello di Mù e delle terre circostanti. Il secolo successivo, anche per controbilanciare lo strapotere dei nobilotti locali, nacquero e si costituirono le "Vicinie" sia nella municipalità di Mu che in quella di Edolo. Queste associazioni volontarie di "boni homines" che dovevano amministrare i beni in comune e curare gli interessi degli "originari", cioè di quelle famiglie che erano insediate nel territorio comunale da molto tempo, erano sorte un poco in tutta la Valle Camonica e furono un valido baluardo popolare per contrastare le angherie e i privilegi delle più potenti famiglie, solitamente nobiliari. Era l'anno 1303 quando, con un atto notarile, furono definiti i confini con le Vicinie e i comuni confinanti e le "Vicinie" dovettero anche risolvere problemi importanti per i diritti di pascolo, diritti di acque, di passaggio ecc e quando questi furono chiariti e codificati secondo le antiche tradizioni locali, i "Reggenti" giurarono fedeltà al Vescovo di Brescia. Le "vicinie" stabilivano anche il calendario dei giorni di feste religiose del paese e potevano multare chi non si fosse astenuto dal lavoro. Nel 1300 le lotte tra i Guelfi e i Ghibellini videro scontri anche sanguinosi e la famiglia Federici, appoggiandosi ai potenti signori di Milano, i Visconti, aumentò la propria influenza, schierandosi prima contro il vescovo di Brescia e poi contro Venezia che voleva estendere il proprio dominio anche su vasti possedimenti del Ducato di Milano. Cambiando repentinamente padrone, gli stessi Federici passarono, dopo vari tradimenti e voltafaccia, sotto la Serenissima Repubblica Veneta che confermò loro molti dei privilegi ma in seguito ad altri "cambi di campo" pose delle forti limitazioni ai loro possedimenti, privilegi e prerogative, assorbendone però molti nella sua burocrazia. Sotto la lunga dominazione Veneta, Edolo acquistò, data la sua posizione strategica e di confine, una notevole rilevanza economica e politca. Era il punto obbligato di passaggio di eserciti e truppe e divenne anche un florido mercato. L'importanza di Edolo è testimoniata dalla presenza, nel 1476, di diversi mulini, tre fucine con magli, una segheria, una tintoria e un follo. Le fucine, che lavoravano il ferro proveniente da alcune miniere poste sui monti circostanti e dai comuni limitrofi, producevano non solo attrezzi per l'agricoltura e ferrarezze, ma anche armi, celate e parti di armature. Sorsero nuove abitazioni civili e alcune dimore signorili e le chiese furono ampliate e ornate da pregevoli opere d'arte. Nel 1400 tramontò l'organizzazione assistenziale (l'ospizio) e la scuola annessa all'antica Pieve ma sorsero altre istituzioni come il "Pio luogo della misericordia" che provvide fin dal 1484 a soccorrere i più poveri. Questa confraternita fu opresente per quasi 500 anni e rimase attiva fino al 1913. Nel 1500 fu istituito, per volontà di Giovan Battista Belotti e Filippo Federici, un Monte di pietà. Lo statuto di questo "banco" a cui per molte generazioni gli Edolesi si rivolsero, fu approvato dall'assemblea generale della Vicinia il 15 marzo 1587. Ma il 1500 è tristemente passato alla storia come il secolo dei processi sommari alle streghe e dei conseguenti roghi che illuminarono queste contrade di bagliori sinistri. Il paganesimo, mai sopito malgrado l'intervento pressante e continuo delle autorità religiose cattoliche, ebbe un forte rigurgito proprio nel XV e nel XVI secolo e questo diede inizio ad una caccia sfrenata a stregoni e streghe (o presunti tali). Alcune decine di persone furono messe al rogo (nella vicina Valtellina furono molte di più). Le accuse di "facere malefizii" e di stregoneria erano molto comuni: le più diffuse erano quelle di assaltare uomini e donne, di seccare campi e prati, di bruciare boschi e di uccidere animali. Molte di queste accuse erano anche spinte da interessi privati (una sostanziosa parte dei beni che venivano confiscati agli accusati passavano agli accusatori ed era uso comune saccheggiare le dimore di chi era stato condannato per stregoneria) o vendette personali e per questo dovette intervenire, con varie "Dogàli", anche il Senato della Serenissima Repubblica Veneta per limitare e controllare sia le accuse che i procedimenti legali adottati da chi doveva giudicare. Furono comunque diverse le donne che vennero accusate di essere streghe e di compiere festini e sabba sui monti del Tonale e molte di queste furono arse vive sui roghi, accesi nelle piezze principali, in alcuni borghi dell'alta valle. Come se non bastasse la bestialità stupida e ignorante degli uomini fanatici anche la natura intervenne a produrre lutti e disastri in un secolo già tanto travagliato. Nel 1520 una grande inondazione, non frenata da dighe o argini, distrusse molte case e alcuni fabbricati tra cui dei mulini, i ponti e le passerelle che collegavano le due rive dell'Oglio. L'anno dopo, nel 1521, la popolazione locale fu colpita del flagello della peste che fece numerose vittime. Nel 1534 e nel 1567 la scarsità di precipitazioni portò a dei magri raccolti che vennero completamente requisiti durante il passaggio di alcune truppe mercenarie che procurarono delle pesanti carestie e morti per denutrizione e fame. Nel 1614 le violente piogge provocarono ancora inondazioni e danni. Nel 1629 un'altra carestia, provocata ancora dal passaggio delle truppe dei famosi Lanzi(chenecchi) e dalle razzie di queste provocò numerosi lutti. Ma il retaggio più grave lasciato da questi mercenari fu la più grave epidemia di peste che mai ha colpito quelle povere popolazioni (quella di manzoniana memoria): ufficialmente dal 2 luglio 1630 al 5 febbraio 1631 la peste uccise 720 persone su una popolazione stimata in circa 1.600 abitanti. La popolazione di Edolo fu dunque ridotta quasi della metà e, come ovunque, per allontanare dal borgo gli appestati furono aperti dei lazzaretti posti fuori dall'abitato in luoghi isolati e controllati. Nel 1700, scendendo dal passo dell'Aprica, passarono ancora per Edolo e le sue contrade, truppe, eserciti e masserizie di diverse nazioni, con gravi disagi per la popolazione locale che si vide nuovamente depredata di molti generi di prima necessità. La povertà, le angherie e le numerose condanne a pesanti pene detentive per reati contro la persona o il patrimonio portarono ad una recrudescenza del fenomeno del brigantaggio, già presente da secoli in quelle terre di confine e che assunse aspetti preoccupanti. Comunque, se la posizione geografica di Edolo è stata per secoli causa di molti lutti e danni, è stata però anche la sua fortuna (specie economica) poiché crocevia di traffici importanti: nel XVII secolo il paese divenne uno dei più popolosi e ricchi della Valle Camonica e lo rimase fino alla caduta della Repubblica Veneta. Nel 1797, otto anni dopo lo scoppio della Rivoluzione francese a Parigi, anche in Italia ormai spiravano venti di rivoluzione (politica e sociale) e, all'arrivo delle truppe francesi, molti furono i volontari che si aggregarono con entusiasmo al nuovo regime facendo nascere la Repubblica Bresciana. Il giorno di capodanno (del 1797) le truppe francesi, salite in Valle Camonica da Brescia e discese dal passo dell'Aprica verso Tirano, dopo la conquista della Valtellina, rientrarono in Valle Camonica e respinsero un forte attacco di un reparto di Austriaci a cavallo che proveniva dal passo del Tonale che fungeva, ormai da secoli, da confine con l'Impero Austriaco. Fu però solo il 3 maggio (1797) che la ventata di liberalismo francese raggiunse ufficialmente Edolo dove fu innalzato, in piazza, un grande albero della libertà. Erano in pochi comunque, dopo l'entusiasmo di alcuni giovani e intellettuali, dei primi momenti, a associarsi ai francesi e, spinti dal clero ma soprattutto dal comportamento da conquistatori (con grandi e continui soprusi, violenze e sequestri), subito messi in atto dai militari d'oltralpe, la popolazione locale rimase inizialmente fedele a Venezia e questo provocò numerosi processi e molti furono gli Edolesi che furono obbligati, per non essere carcerati o giustiziati, a prendere la via dell'esilio verso la vicina Valtellina (allora terra Elvetica) per riparare poi negli altri cantoni della Conferedrazione Svizzera. Gli Austriaci, insediati con forti contingenti di truppe al passo del Tonale e in Val di Non, tentarono più volte di riconquistare l'alta Valle Camonica e vi furono diversi scontri armati. Le truppe imperiali, nel 1799, riuscirono a rompere lo schieramento francese posto nei pressi di Vezza d'Oglio e raggiunsero anche Edolo. Appena giunti in paese, abbandonato dalle truppe nemiche in fuga verso il passo dell'Aprica e verso la bassa valle, come primo atto tagliarono (gesto molto simbolico) l'albero della libertà. Lo scontro più violento avvenne però, tra le avanguardie austriache e le retroguardie dei francesi, nei pressi del passo del Mortirolo. I francesi sconfitti anche su altri fronti, ripiegarono in Piemonte e poi rivalicarono le Alpi portandosi sul loro territorio nazionale ma, solo l'anno dopo, nel giugno del 1800, dopo la battaglia di Marengo, ritornati in forze, con l'"Armata d'Italia", al comando del generale Buonaparte (non ancora Bonaparte), riconquistarono tutto il nord Italia e risalirono anche in Valle Camonica. A Edolo vennero acquartierati i circa 20.000 soldati del generale Mac Donald ed è difficile pensate cosa dovette essere l'impatto sulla popolazione locale di una simile esorbitante quantità di militari e del loro seguito. Le numerose truppe lasciarono in parte il paese e le sue frazioni, che erano state letteralmente requisite per alloggiare gli uomini e gli animali, solo in dicembre, quando, in pieno inverno, i francesi salirono verso il Tonale per affrontare nuovamente gli austriaci che si erano rafforzati e che avevano fatto affluire nuove truppe dal Trentino. La battaglia fu terribile e sanguinosa e i francesi ebbero la meglio ma a costo di gravi perdite. Molti furono i morti, i dispersi e i feriti che vennero ricoverati in un piccolo ospedale da campo che era stato costruito alla periferia sud del paese di Edolo e che divenne poi un vero ospedale. Nel 1809 più di duemila insorti tirolesi, guidati dal famoso Andrea Hofer, piombarono sull'alta valle Camonica e a Edolo e in altri paesi lasciarono una lunga striscia di sangue e violenze. Innumerevoli furono gli scontri tra austriaci e francesi durante tutto il periodo napoleonico. La cronica mancanza di truppe fresche per le armate di Napoleone, disperse in tutto il continente europeo, fece sì che gli arruolamenti coatti, ordinati dal comando napoleonico in Italia, fossero frequenti e improvvisi. Molti giovani camuni furono costretti a militare sotto le armi francesi, in lontani paesi ma moltissimi si diedero alla macchia o cercarono rifugio oltre i passi alpini. Alcuni di questi, ripresi dai gendarmi, furono condannati a pene severissime e alla deportazione. Gli austriaci (alleati con russi, inglesi e tedeschi) ebbero il sopravvento su Napoleone nel 1814 e, dopo il congresso di Vienna e la restaurazione dei vecchi regimi, approvata la scomparsa della Serenissima Repubblica Veneta, si stabilirono in tutta la Lombardia e il Veneto creando il Regno del Lombardo-Veneto. Passato il turbine napoleonico, la Valle Camonica (ma anche quasi tutta l'Europa) si trovò in uno stato di prostrazione e povertà totali che da molti secoli non era più stata vissuta. Molti beni erano stati depredati e la miseria, la fame e le epidemie erano diffusissime. Il 23 marzo 1848 (anno famoso per i vari moti insurrezionali che erano scoppiati in tutta Europa) fu costituita a Edolo una guardia civica, che, agli ordini di Luigi Calvi, il 4 aprile costrinse alla resa i pochi gendarmi austriaci che presidiavano la dogana posta in paese. Entusiasmati dalla facile vittoria iniziale e anche dall'arrivo di altri patrioti dalla Valtellina e da Bergamo, a ranghi sparsi e senza una valida organizzazione militare, completamente ma impreparati ad uno scontro con truppe composte di militari di professione, questi esaltati si avviarono verso il Tonale e la Val di Sole per "liberare" i paesi trentini. L'accoglienza della popolazione locale fu nettamente ostile e le truppe dei volontari, pressate anche dall'esercito austriaco, furono costrette, con diverse perdite, a ripiegare e rientrare in Valle Camonica dove si sciolsero. Durante il Risorgimento, furono attivi alcuni patrioti Edolesi, che, dopo la sconfitta nella prima guerra d'Indipendenza, facilitarono numerose fughe (in Svizzera e Piemonte) di alcuni perseguitati politici. Durante questo periodo furono recuperate armi da distribuire ai patrioti fedeli e poco prima della seconda guerra d'Indipendenza, tante furono le informazioni sulle forze e postazioni austriache che, tramite uomini fidati, transitavano dal confine e venivano consegnate ai piemontesi. Nel 1859, molti Edolesi si arruolarono nelle truppe alpine guidate da Garibaldi che aveva ordinato una lunga e faticosa marcia sulle montagne camune per ricongiungersi ad altri volontari provenienti dalle altre valli bresciane e bergamasche. Nel 1860 Edolo divenne sede di collegio elettorale e il primo eletto a rappresentare la zona fu il conte Gian Battista Giustiniani. Nel 1861, poco dopo la spedizione dei Mille, fu formata una compagnia del battaglione della guardia nazionale che, al comando di Emanuele Tosana, operò attivamente nelle Marche. Nel marzo del 1873, nell'ex convento dei Cappuccini, venne posta la sede del comando della tredicesima compagnia degli Alpini. Fu una data storica poiché questo fu il primo nucleo del glorioso battaglione Edolo. Nel 1854 fu tracciata una nuova e più ampia strada che portava direttamente al passo dell'Aprica e proseguendo poi per la Valtellina saliva a Bormio e al passo dello Stelvio: quest'importante arteria aprì la zona a nuovi e più veloci traffici con la Svizzera e il centro Europa. Nel 1862 fu costruito un ponte nuovo tra Edolo e Mu. L'energia elettrica giunse ad Edolo nel 1894 e nel 1909 la società SNFT (Società Nazionale Ferrovie e Tranvie), che aveva avuto l'appalto della costruzione della gestione (per 99 anni) della linea Brescia-Iseo-Edolo, fece giungere la strada ferrata con stazione di arrivo e smistamento alla periferia sud del paese. Era il 18 giugno 1870 quando un furioso e devastante incendio provocò la morte di due donne e distrusse 27 case. Durante il primo conflitto mondiale il fronte della guerra era molto vicino ed Edolo fu centro di comando e di smistamento truppe e servizi: Comando di Tappa, Comando di Battaglione (l'Edolo) e specialmente sede di Comando di Divisione. Edolo divenne il fulcro vitale per le truppe impegnate nel vicino fronte dell'Adamello. Si ricordano anche alcuni film del primo dopoguerra, che esaltavano le gesta dei soldati italiani su quel fronte, ambientati in Edolo e che raccontavano le gesta degli eroi (italiani) sulle vette delle montagne contese tra esercito Regio ed Austro-Ungarici. Una ferrovia, poi demolita, che costeggiava il fiume Oglio, portava i rifornimenti militari e i vettovagliamenti fino a Vezza d'Oglio da dove poi venivano smistati verso il fronte. Durante tutto il periodo bellico Edolo fu notevolmente ampliata con la costruzione di alcune caserme, due ospedali e vaste opere di fortificazione. La Prima Guerra Mondiale era ormai al termine quando tutta l'Europa (e il mondo) venne flagellata da un'immane epidemia che fece più morti della stessa guerra: la "Spagnola". A Edolo furono ben 150 i civili e 325 i soldati che perirono a causa di questo morbo. La posizione strategica di Edolo fece sì che anche durante la seconda guerra mondiale furono impiantati comandi dell'esercito regolare, poi, dopo la caduta del regime fascista, fu organizzato un comando delle SS che venne affiancato da uno delle truppe repubblichine. Anche per questo Edolo fu bersagliato da più bombardamenti aerei da parte degli alleati: all'alba del 13 marzo 1945, ad appena un mese dalla fine della guerra, un attacco aereo con bombe ad alto potenziale colpì il paese e si contarono diversi feriti e, malgrado i rifugi, sette furono i morti. Nel dopo guerra Edolo divenne il centro amministrativo dell'alta Valle Camonica, sorsero diverse scuole superiori, le viscere del Monte Colmo, a strapiombo sull'abitato, furono scavate per chilometri e la più grande centrale idroelettrica d'Europa fu resa operativa proprio nel cuore della montagna. Un piccolo lago artificiale mutò anche l'idrografia e la geografia locale a sud dell'abitato. Le acque di questo lago sono quelle che precedentemente avevano già fatto girare le turbine della centrale e prodotto energia elettrica, poi, durante le ore notturne, quelle di minor consumo di energia, le stesse (acque) vengono "ripompate" in quota e riutilizzate per una nuova caduta nelle stesse condotte forzate per produrre nuovamente energia distribuita poi nella rete elettrica nazionale. Edolo è divenuto anche centro di un certo turismo estivo ma specialmente di transito e passaggio per gli appassionati degli sport invernali che vogliono raggiungere le vicine piste del grande comprensorio Ponte di Legno-Temù-Tonale o quelle dell'Aprica. Nella piana a ovest dell'abitato sono sorte alcune aziende che in alcuni casi, come nel settore della lavorazione industriale del legno, hanno raggiunto una alta tecnologia applicata ad una specializzazione ad alto livello. |