Soprattutto da alcuni nomi, che sono rimasti nella toponomastica dialettale locale, sono rilevabili tracce del passaggio e dell'insediamento, nel luogo, dove oggi sorge l'abitato di Esine, dell'antichissimo popolo dei Camuni, che si era formato con la fusione, in epoche successive e anche molto distanti, di altri popoli come i Liguri, gli Etruschi e i Celti. Numerosi ed importanti sono invece i reperti che documentano la presenza dei Romani che in queste contrade fecero passare alcune delle loro vie militari che congiungevano la bassa Valle Camonica con Bienno e il passo di Crocedomini. Sono state rilevate e scoperte, specie a nord del paese, delle aree scarali, ben delimitate, una delle quali era dedicata a Druso mentre in un'altra era il dio dei boschi ad essere venerato. Ma sono state ritrovate anche delle epigrafi, alcune tombe, una lapide della gente Flavia, delle monete e dei cocci. Il paese si è sviluppato solo sulla sponda destra del torrente Grigna poiché la zona, posta a sud-ovest del paese, era (ed è) caratterizzata da una miriade di laghetti (di solito sotterranei, con un sistema carsico ben definito) che hanno da sempre impedito gli insediamenti abitativi o la costruzione di edifici.
Nel 771 sotto la dominazione dei Longobardi fu edificata la chiesa della Trinità di Castello, che restò a lungo la principale chiesa della zona tanto che era ancora la parrocchiale del borgo durante le scorribande degli Ungari che erano giunti nella bassa Valle Camonica dopo aver conquistato e depredato la Valtellina, la Valle di Corteno (in cui si fermarono a lungo) e buona parte dei paesi che avevano incontrato nella loro discesa verso il Sebino. A Esine, il primo edificio religioso cristiano fu la chiesetta antichissima, di Santa Maria, costruita nel V secolo, su un'area interessata da una ancor più antica necropoli romana che venne quasi completamente distrutta. Con la dominazione dei Franchi e la donazione di Carlo Magno, nel 774, dell'intera Valle Camonica al monastero francese di Tour e dopo che la Curia bresciana aveva ottenuto vari privilegi e donazioni, fu nominato primo signore di Esine, Gisalberto, feudatario e fiduciario per molti beni e terre camune del vVscovo di Brescia, che nel 979 fece erigere nel quartiere più popoloso del paese, una cappella dedicata a San Paolo e San Vigilio, in cui dovevano (secondo le precise disposizioni curiali) "essere celebrati i riti religiosi da sacerdoti e clerici". Sul luogo dove sorgeva quell'antica chiesa fu edificata, secoli dopo, l'attuale parrocchiale. Intorno all'anno 1000 e nel secolo successivo Esine fu un libero comune che amministrava direttamente numerosi beni e proprietà che furono anche motivo di aspre contese e dure lotte di confine (anche con morti e gravi danni) con il potente comune di Borno con cui era confinante per un lungo tratto sulle sponde del fiume Oglio. La questione, che riguardava alcune arginature fatte dai bornesi sulla loro sponda, per impedire allagamenti su quelle terre e che provocavano invece straripamenti e danni alle terre di Esine, fu risolta nel 1182 con una sentenza emessa dal giudice che risiedeva a Montecchio (in quel periodo capoluogo amministrativo della Valle Camonica). Oltre che con Borno, Esine ebbe diatribe e scontri per molti secoli, sempre per problemi di confine e di uso di pascoli e boschi, anche con il comune di Erbanno che rivendicava l'uso di alcuni pascoli e di terreni alluvionali nei pressi dell'Oglio, con il comune di Collio per dei pascoli e dei boschi posti in quota sui monti che dividevano la Valle Camonica con la valle del fiume Chiese, con il comune di Darfo per il transito su alcune strade e anche con quello di Cividate per dei ponti sul fiume Oglio. Tra le famiglie più in vista del comune vanno citati i Federici (con uno degli innumerevoli rami in cui questa famiglia ghibellina era divisa), i Nodari, i Beccagutti, i Guadagnini, i Biasini. Per più di un secolo, dal 1200 al 1314, fu molto attiva una "Casa degli Umiliati", che tra le numerose opere artigianali che mise in cantiere avviò (si legge in alcuni documenti datati 1280) una florida industria della lana con una lavorazione minuziosa svolta dai religiosi e dalle religiose che, raccolti in locali ben separati, svolgevano i loro compiti per molte ore al giorno. Questi "lavoranti" erano completamente autosufficienti poiché "possedevano anche, oltre ad alcuni grandi edifici, degli orti, un brolo, dei casamenti, dei molini e molti ricchi terreni". Alla soppressione della "Casa", voluta dalla potente (e forse invidiosa) Curia di Brescia, tutti questi beni, le proprietà e i diritti furono venduti a Ziliolo e Zanone Federici di Montecchio, che trapiantatosi ad Esine ed Artogne divennero i capostipiti dei rami dei Federici in questi due borghi. Le guerre, le faide e le varie e incessanti scorribande e angherie dei signorotti locali, ma anche delle trupe del Vescovo di Brescia, poi di quelle dei Visconti (chiamati a far da pacieri e divenuti i padroni della Valle Camonica), dei Veneziani, degli Sforza, con il continuo e pesante passaggio di contingenti armati per la conquista della Valle e dei suoi borghi e castelli, furono pressoché continui e cruenti per tutto il 1300, fino alla completa vittoria delle armi della Serenissima Repubblica Veneta che, con la pace di Lodi (9 aprile 1454), divenne la nuova padrona di tutte le valli bresciane. Un lungo periodo, di circa 350 anni, di relativa tranquillità caratterizzò la dominazione veneta ma molti furono i lutti che la popolazione di esine dovette subire dovuti a inondazioni, incendi e alle pesanti conseguenze per le ricorrenti epidemie di peste che, portate da truppe mercenarie di passaggio in valle, a varie riprese, colpirono le popolazioni di questi siti portando miseria e terrore. Il periodo napoleonico, uno dei più nefasti per la storia valligiana (e non solo), vide più volte delle truppe straniere attraversare il territorio con gravi disagi e altri lutti per la popolazione locale. Dopo la sconfitta dei francesi e la loro cacciata, il Congresso di Vienna definì il passaggio di tutti gli ex territori della Serenissima Repubblica Veneta (che era stata semplicemente cancellata dalla storia e dalle carte geografiche) sotto l'Impero Austro-Ungarico e dal 1815 al 1859 la Valle Camonica fece parte del Regno Lombardo-Veneto. Questo periodo, tutto sommato tranquillo e relativamente laborioso, deve però essere ricordato, dalle povere popolazioni camune, come segnato da altre grandi calamità: nel 1816 iniziò una devastante carestia che durò per due anni consecutivi, nel 1827 un'epidemia di tifo petecchiale fece molte vittime, il colera volle il suo contributo di vite tra tutti gli stati della popolazione nel 1836, poi ancora nel 1855 e anche due anni dopo nel 1857. Un altro disastro naturale viene ricordato nel 1882: il torrente Grigna, che già tanti lutti e danni aveva provocato anche nei secoli passati, ingrossato a dismisura da molti giorni di piogge violente, ruppe gli argini, invase gran parte del paese e lasciò dietro di se distruzione e molte morti. Il 1800 fu però anche un secolo molto vivo e attivo, grandi fermenti politici ed economici furono sentiti e vissuti anche in zona e a dimostrazione di questo sorsero, in paese, la Società Operaia Agricola e la Società Operaia di Muto Soccorso mentre nel 1895 fu fondata la Cassa Rurale e Artigiana. Nell'ultimo decennio del 1900 venne ultimato e reso operativo, dopo anni di ritardi e rinvii, nella piana posta a ovest dell'abitato, l'ospedale di Valle Camonica che assorbì quelli di Breno e Darfo. Sempre verso la fine del secondo millennio e agli inzio degli anni 2000 è stata realizzata una vasta zona industriale con numerose aziende. Notevole sviluppo edilizio si è avuto anche nelle frazioni di Sacca e Plemo. |