GIANICO


    Non si hanno notizie certe della presenza di insediamenti preistorici o pre-romani nella zona dove oggigiorno sorge il borgo di Gianico e le prime testimonianze risalgono perciò al periodo successivo alla conquista romana della Valle Camonica avvenuta nel 16 a.C. La costruzione dell'importante via Valeriana, che percorreva tutta la Valle dell'Oglio nella sua lunghezza, favorì la costruzione di numerosi insediamenti lungo il suo tortuoso tracciato e Gianico, con tutta probabilità, dovrebbe essere nato come stazione di posta o di ristoro o per il cambio dei cavalli. Intorno a questo primo insediamento si sarebbe poi sviluppato (come in molti altri casi similari) un piccolo nucleo abitato che nella sua parte più antica doveva essere localizzato dove ora si trova l'antica contrada di Imavilla: a questo nome (abbastanza diffuso in Valle e tramutatosi poi in Cimavilla) si evince il chiaro ricordo della presenza romana.
    Fino a tutto il Medio Evo, alla conquista Longobarda e poi Franca, il vasto fondovalle della bassa Valle Camonica doveva essere, fin ben oltre Gianico, un vasto acquitrino e questa zona era in pratica la continuità della sponda nord del Lago d'Iseo che, ancora in epoca romana, doveva essere ben più esteso di quello attuale. Era questa una vasta area, che toccava le due "sponde" vallive e doveva essere ben poco salubre e niente affatto vivibile e certamente non coltivabile. Questo stato di cose rimase immutato fino a quando i monaci del convento francese di Tours, dopo che ebbero avuto tutta la zona in donazione diretta da Carlo Magno nel 774, non iniziarono a bonificare le terre acquitrinose, creando vaste aree coltivabili creando così le condizioni perchè dalle pendici dei monti gli insediamenti abitativi e le colture si diffondessero anche nella pianura alluvionale dell'Oglio.
    Con l'arrivo, ancora in epoca tardo romana, del Cristianesimo, tutta la vallata dell'Oglio, territorialmente e amministrativamente venne divisa in grandi Pievi e Gianico, ancora piccolo agglomerato di casupole, per i servizi religiosi con il versamento delle decime e degli oboli, dipese dalla più antica pieve di Rogno che aveva giurisdizione su tutta la bassa Valle Camonica. Ci fu, per molti secoli, una stretta e diretta dipendenza tra le due comunità religiose di Gianico e Rogno poiché la distanza è molto breve (poco più di un chilometro) ma i due paesi sorgono sulle rive opposte dell'Oglio (ora sono anche in province diverse: Gianico è sotto Brescia e Rogno è in provincia di Bergamo). La presenza dei Longobardi, che per circa cinque secoli furono la classe dominante della zona, è ricordata in Gianico dalla dedicazione, in epoca medioevale, della sua prima parrocchia a San Michele, santo molto venerato tra quel popolo guerriero che tante tracce, per la sua lunga presenza, lasciò nella valle.
    Ancora intorno all'anno mille, Gianico, sempre piccolo insieme di case rurali strette intorno alla chiesa, gravitava ed era addirittura una frazione del più popoloso borgo di Montecchio che all'epoca era la più importante cittadina dell'intera Valle Camonica, tanto da divenirne anche il capoluogo. Anche per questa comunanza amministrativa, giudiziaria e continuità territoriale, Gianico, nel 1248, con un decreto del Delegato Vescovile di Brescia, ottenne notevoli esenzioni fiscali collegate alle stesse esenzioni che aveva avuto Montecchio per servigi resi alla potente Curia bresciana. Ma anche la famiglia ghibellina dei Federici aveva nella zona dei vasti possedimenti e numerosi beni convalidati da diritti feudali e questa prolifica e intraprendente stirpe era la fiduciaria dell'Impero fino dalle prime calate in Italia di Federico Barbarossa (da cui sembra abbia preso il nome) e, a varie riprese, anche con scontri armati, si era opposta, per questioni di interesse economico e politico, alle mire espansionistiche del Vescovo di Brescia.
    La vita di Gianico è sempre stata collegata al torrente Re a ridosso del quale venne costruito l'originario nucleo abitato e purtroppo molte sono state, nei secoli, le distruzioni, le inondazioni e i lutti che la storia locale annovera. La più terribile, tra le ricordate negli annali Parrocchiali, fu certamente quella del 14 settembre del 1470: le cronache d'allora raccontarono di una devastante alluvione che provocò oltre 100 morti (più di un quarto dell'intera popolazione !) e la completa distruzione di gran parte delle case.
    In alcuni atti notarili risulta che, già prima del 1400, alcune famiglie nobiliari di Gianico, con investitura curiale, riscuotevano le decime in nome del Vescovo di Brescia e a partire dal XV secolo vengono citati i nomi di Giovanni de Bordi, Galibus di Giovanni Cochis e i fratelli de Cottis (da cui deriverebbero le innumerevoli famiglie presenti ancora in paese ai nostri giorni con i nomi di Cotti, Cotti Cottini, Cotti Piccinelli, Cotti Cometti, Cotti Comettini ecc).
    Dopo la conquista della valle da parte delle truppe della Serenissima Repubblica Veneta, per contrastare l'atavico potere dei nobili locali, agli uomini del comune (gli "Originari delle antiche terre di Gianico") vennero riconosciuti (e rimasero tali per secoli) vasti diritti territoriali, di proprietà e amministrativi. Nacque così la "Vicinia": ente locale legato strettamente alla identità paesana e all'appartenenza alle famiglie residenti nel borgo da lungo tempo, in cui erano gestiti molti beni in comune regolati da precise norme e statuti che avevano la loro legittimazione nel volere popolare. La Vicinia era nata in contrapposizione allo strapotere e alle angherie dei feudatari locali, la Vicinia si realizzò per amministrare alcuni beni e proprietà comuni, per poi trasformarsi in un vero e proprio organo amministrativo che in seguito, subendo ulteriori modifiche, giunse a formare il primo embrione dell'entità comunale, in cui si gestivano anche proprietà in comune ma addirittura i calendari liturgici e i giorni festivi. Era retta da "Consoli" eletti ogni anno dai Capifamiglia, denominati come "fuochi" (nuclei familiari) e dai residenti denominati "Originari" e coadiuvati nelle pratiche amministrative dai "Reggenti". Compito principale (originario) era quello di regolare uno sfruttamento equo del patrimonio comune formato da boschi, segherie, forni, fucine, calchere, mulini, segaboli e dalle numerose malghe e alpeggi.
    Questi beni erano dati in appalto ai cittadini che ne facevano richiesta e assegnati, tramite incanti pubblici che si tenevano in piazza, la domenica, dopo la Messa Grande. Le riunioni della Vicinia si tenevano nella casa comunale e, durante il periodo invernale, per il freddo, nelle tiepide e accoglienti stalle. L'elezione dei Consoli e dei Reggenti avveniva per ballottaggio (con delle "balle" ossia delle piccole palle di pietra o legno colorato) in quanto la maggior parte degli aventi diritto al voto (i Vicini) erano analfabeti. Nelle riunioni generali venivano prese tutte le decisioni che poi regolamentavano i rapporti, non solo tra i "vicini", ma anche con la Curia, i feudatari e le comunità confinanti. Nel 1550 Gianico annoverava nelle liste comunali non più di 600 abitanti e la sua parrocchia dipendeva ancora da quella di Darfo che era divenuto il centro più importante dopo che una enorme frana aveva distrutto quasi completamente la ricca Montecchio relegandola al ruolo di piccola frazione. In seguito Gianico appartenne, nel 1578, alla vicaria di Artogne, poi passò (come era già stato alcuni secoli prima) nel 1636, per un breve periodo, di nuovo sotto la giurisdizione di Rogno.
    Nel 1692 Gianico venne nuovamente aggregato alla comunità religiosa di Piano (d'Artogne), per tornare, solo nel 1786, sotto Darfo, da allora le terre e il borgo di Gianico, anche amministrativamente, nei secoli XVI e XVII, furono accatastati direttamente al comune di Darfo che aveva accorpato altre 12 piccole frazioni che sorgevano tutte nella vasta insenatura dell'Oglio e sulle pendici delle montagne che circondavano la zona pianeggiante da Erbanno fino ad Artogne.
    Presente anche nei secoli precedenti, fu però a partire dal 1400 e dalla dominazione veneziana, che l'artigianato e la lavorazione del ferro si sviluppò notevolmente in paese, grazie specialmente alla notevole produzione di carbone, necessario per alimentare le locali fucine e i forni fusori che erano posti anche in altri paesi. Questo carbone (non d'origine naturale di cui la Valle era ed è completamente priva) era lavorato artificialmente con antichi metodi (ancora ricordati ai nostri giorni) ed era il principale prodotto finito del lungo processo di combustione senz'aria della legna tagliata nei vasti boschi che erano una delle principali ricchezze della Valle Camonica. Molto del ferro lavorato e prodotto in zona, specialmente per le armi bianche (spade., picche e spadoni), prendeva la via dei mercati e degli arsenali di Venezia che era subentrata, nel dominio della Valle, ai Visconti e agli Sforza di Milano, dopo lunghe e sanguinose guerre che erano state combattute anche sul suolo camuno.
    Nel lungo periodo in cui governò la Serenissima Repubblica Veneta (rispettando anche molti degli statuti e delle tradizioni amministrative locali), la Valle Camonica e le altre valli bresciane e bergamasche trascorsero un periodo di relativa prosperità che però fu, più volte e in modo infausto, interrotto da epidemie, incendi e alluvioni che tanti lutti procurarono alla già scarsa popolazione locale. Come spesso accadeva in quei tempi di profonda religiosità, per scongiurare le più frequenti calamità naturali (specie le inondazioni del torrente Re), nel 1562 gli abitanti di Gianico, invocando la protezione della Vergine Maria, riuniti in assemblea, votarono la costruzione (non di sponde e argini sicuri… ma…) di un santuario che, dominando dall'alto le terre gianichesi, le ponesse sotto la diretta protezione della madre di Cristo. Questo edificio religioso, articolato in più corpi, si staglia anche oggigiorno, su una collinetta, sopra l'abitato e domina tutta la bassa Valle Camonica potendo, dal li, far spaziare lo sguardo fino alla sponda nord del lago d'Iseo.
    Tra le curiosità che possono essere rilevate (ma non spiegate) in alcune statistiche storiche dei registri parrocchiali, si può sapere che, se nel 1550 gli abitanti di Gianico erano contati in 600 (come abbiamo già scritto), solo 17 anni dopo, nel 1567 erano scesi a 440, ma solo dopo altri sei anni, nel 1573, Gianico poteva di nuovo contare su 600 abitanti. In questo secolo erano nate anche alcune confraternite religiose, attive in paese, tra le quali sono più volte citate la "Confraternita del Corpus Domini" e il "Consorzio della Misericordia".
    Nel 1721 iniziò la costruzione di una nuova parrocchiale nonostante il fatto che, alla fine del 1500 il cardinale Carlo Borromeo, durante la sua famosa, lunga e meticolosa visita pastorale in Valle Camonica, avesse ordinato, non la costruzione di un nuovo tempio, ma l'ingrandimento della chiesa già esistente e specialmente del coro. In seguito, sempre su indicazioni del cardinale, l'antica cappella di San Rocco era stata trasformata in sacrestia. La volontà di costruire una nuova chiesa più ampia di quelle già presenti fa dunque pensare che la popolazione, nel XVII secolo, fosse notevolmente aumentata.
    Nel periodo giacobino e poi Napoleonico, dal 1797, Gianico passò, come gran parte della Valle, sotto il Cantone della Montagna, poi venne aggregato al dipartimento del Mella, poi a quello dell'Adda e dell'Oglio, poi ancora a quello del Serio.
    Dal 1816 al 1859, durante l'impero Austro-Ungarico, la zona su cui insistevano anche le terre di Gianico, passò alla provincia di Bergamo (fino a quell'epoca, e per ancora un lungo periodo, la Valle Camonica era meglio e più rapidamente collegata a Bergamo che non a Brescia).
    Nel 1861, alla proclamazione del Regno d'Italia, Gianico e la bassa Valle passarono sotto il mandamento di Pisogne e sotto la provincia di Brescia.
    Ancora nel 1859 e nel 1863 Gianico dovette subire due violente e luttuose inondazioni che distrussero molte case.
    A partire dalla fine degli anni '90 del secolo scorso, la vasta zona pianeggiante al confine con il comune di Darfo è divenuta zona di insediamenti industriali e artigianali e il paese si è notevolmente sviluppato con la edificazione di numerose abitazioni e con il recupero e la ristrutturazione di alcune delle antiche dimore signorili colloccate nel centro storico.



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