Verso la fine degli anni '90 numerosi ritrovamenti di reperti antichissimi, con scavi proposti ed eseguiti dal pittore ossimese Gian Carlo Zerla (coadiuvato dalla moglie, da alcuni esperti e da giovani volontari), hanno attestato come sull'altopiano Borno-Ossimo e in alcuni siti posti su dossi o sporgenze naturali, che dominavano vasti spazi aperti, fossero presenti insediamenti dell'uomo preistorico.
Anche successivamente sono stati rinvenuti, studiati e anche, con pannelli e luoghi di sosta, valorizzati turisticamente alcuni siti che furono sicuro rifugio per primi abitanti della Valle Camonica, quei Camuni, guerrieri e cacciatori appartenenti al ceppo Ligure-Celtico che, per migliaia di anni, hanno vissuto in questa splendida zona. Sono state rinvenute incisioni rupestri e statue-steli recanti raffigurazioni antropomorfe. La prima stele di Ossimo fu rinvenuta nel 1955 dal professor Bonafini e fu oggetto di appassionate discussioni tra gli esperti. Delle campagne di scavi e di pulizia delle rocce hanno portato alla luce, oltre a massi istoriati anche delle composizioni monumentali e monoliti che sono stati studiati dal professor Francesco Fedele e pubblicati, nella loro prima fase, nel libro "L'altipiano di Ossimo-Borno nella preistoria, ricerche 1988-1990". Sono molti gli esperti che credono che, data la sua posizione a cavallo dei più importanti "sentieri" preistorici che collegavano la bassa e media Valle Camonica, che erano anche le maggiori vie di transito per la vicina Val di Scalve, ricchissima di ferro fin dalla preistoria, in questo altopiano, su cui oggi insistono i comuni di Ossimo e Borno, vi siano ancora da scoprire immensi tesori culturali che ne farebbero uno dei centri di maggiore interesse per quel lungo tratto della storia della civiltà camuna che va dal periodo Atlantico (primi cacciatori che si avventuravano in valle) alla dominazione romana per risalire poi fino al primo medio evo. La dominazione romana fu certamente presente nel vicino e più importante borgo di Borno, dove sono state ritrovate delle significative lapidi e una necropoli con delle sepolture. Ma anche a Ossimo Superiore sono state ritrovate tre epigrafi romane, la più famosa delle quali, purtroppo andata perduta, era dedicata alla dea Alantedoba e proveniva dalla chiesa dei SS Cosma e Damiano. La prima indicazione in epoca post-romana di Ossimo (definito: Ansemo), è una citazione che rientra in un documento che attesta una donazione che il Vescovo di Brescia, Ramperto, allora Duca (titolo preso dalla gerarchia longobarda) di Valle Camonica, fece al monastero di S. Faustino a Brescia nell'843. Da pochi anni la valle intera era stata donata direttamente da Carlo Magno, dopo la sua vittoriosa campagna contro i Longobardi (vittoria in Valle Camonica dei Franchi al passo del Mortirolo), al monastero francese di Tours che comunque cedette, negli anni successivi, alcune delle sue proprietà alle curie bresciana e bergamasca. La piccola comunità cristiana di Ossimo per secoli fu direttamente aggregata alla più importante pieve di Cividate (da cui dipendevano ben 37 altre parrocchie che poco alla volta raggiunsero la loro indipendenza creando numerosi "fonti battesimali"). L'antica famiglia dei Fostinoni, originari di Borno, un ramo della quale si era stabito a Ossimo, nel 1400 si vide attribuire, con la nomina di "Collettore Generale", sempre dalla Curia di Brescia, l'incarico di riscuotere i tributi e le decime vescovili, per i feudi dipendenti da Brescia, in tutta la Valle Camonica. Ben cinque discendenti di questa stirpe furono, per più di un secolo (dal 1457 al 1580), arcipreti di Cividate (che, malgrado il distacco di alcune parrocchie minori, restava ancora la Pieve più antica, ricca e importante della bassa Valle Camonica). Altra antica famiglia originaria di Ossimo fu quella dei Bona che, con alcuni matrimoni, finirono per confluire nella stirpe dei potenti Federici che aveva raggiunto l'apice della potenza nel XIV secolo. Nel 1311 alcuni abitanti di Ossimo furono chiamati davanti al giudice Stefano Griffi, per vedersi assegnati dei capitoli (capitolati) per la costruzione e per la costosa manutenzione del ponte sul fiume Oglio, a Cividate, che era stato edificato con il contributo di tutte le comunità e comuni vicini che potevano però usufruire del passaggio gratuito. Agli inizi del 1300 ebbero nella zona delle proprietà e dei diritti feudali anche altre famiglie locali che stavano entrando nel gioco delle cariche e prebende pubbliche a livello valligiano: a Ossimo, oltre ai già citati Federici, che con un loro ramo si erano anche installati a Borno, assunsero una notevole rilevanza economica e politica i Rizzieri. Di questa famiglia resta ancora, nel centro storico di Ossimo Superiore, una parte del palazzo, con strutture del 1400 e un portale del 1600. Il 10 gennaio 1428 i due borghi di Ossimo Superiore e Inferiore si unirono e si dichiararono Vicinia giurando, con atto registrato presso il notaio Lazzarini di Borno, fedeltà alla Serenissima Repubblica Veneta, che poco tempo prima aveva conquistato la Valle Camonica strappandola al Ducato di Milano, signoria dei Visconti, dopo anni di continue e feroci battaglie combattute (molto) con le armi e (moltissimo) con la diplomazia. La Vicinia era nata in contrapposizione allo strapotere e alle angherie dei feudatari locali, e si realizzò per amministrare alcuni beni e proprietà comuni, per poi trasformarsi in un vero e proprio organo amministrativo che in seguito, subendo ulteriori modifiche, giunse a formare il primo embrione dell'entità comunale, in cui si gestivano anche proprietà in comune ma addirittura i calendari liturgici e i giorni festivi. Era retta da "Consoli" eletti ogni anno dai Capifamiglia, denominati come "fuochi" (nuclei familiari) e dai residenti denominati "Originari" e coadiuvati nelle pratiche amministrative dai "Reggenti". Compito principale (originario) era quello di regolare uno sfruttamento equo del patrimonio comune formato da boschi, segherie, forni, fucine, calchere, mulini, segaboli e dalle numerose malghe e alpeggi. Questi beni erano dati in appalto ai cittadini che ne facevano richiesta e assegnati, tramite incanti pubblici che si tenevano in piazza, la domenica, dopo la Messa Grande. Le riunioni della Vicinia si tenevano nella casa comunale e, durante il periodo invernale, per il freddo, nelle tiepide e accoglienti stalle. L'elezione dei Consoli e dei Reggenti avveniva per ballottaggio (con delle "balle" ossia delle piccole palle di pietra o legno colorato) in quanto la maggior parte degli aventi diritto al voto (i Vicini) erano analfabeti. Nelle riunioni generali venivano prese tutte le decisioni che poi regolamentavano i rapporti, non solo tra i "vicini", ma anche con la Curia, i feudatari e le comunità confinanti. Dopo altri scontri tra le forze spedite in Valle da Venezia e il nuovo Signore di Milano Francesco Sforza, si giunse alla pace di Lodi che sanciva definitivamente il passaggio delle valli Bresciane e Bergamasche alla "terraferma" veneziana. Seguì un periodo di relativa pace e tranquillità (anche se furono molte le carestie, le epidemie e calamità naturali che colpivano regolarmente le scarse popolazioni locali) e si ebbe modo di giungere a proficui scambi con la città lagunare. Questo fece sì che un relativo benessere si espandesse nel ceto medio-alto e questo è chiaramente documentato dalla costruzione e abbellimento estetico di alcune abitazioni sorte soprattutto ad Ossimo Superiore. Dalle numerose, dettagliate e precise relazioni delle visite vescovili che venivano effettuate sull'altopiano, avvenute regolarmente nei secoli XVI e XVII, e che ci sono pervenute in modo completo ed esauriente, si può dedurre che, a traino del più fiorente e popoloso comune di Borno, anche Ossimo ebbe, sotto Venezia, come principali fonti di sostentamento economico l'allevamento del bestiame (grosso e minuto), la lavorazione della lana e del legname e l'agricoltura. La povertà e la miseria riemersero però come croniche piaghe durante la furiosa peste (quella ricordata dal Manzoni) del 1630 (che durò per quasi due anni) e che ridusse drasticamente di un quarto la popolazione. Risale a quest'epoca la costruzione della parrocchiale di Ossimo Superiore che venne edificata abbattendo un precedente edificio che risaliva al 1300. Dal 1797, durante il periodo napoleonico e dopo la disgregazione della Serenissima Repubblica Veneta, Ossimo fu, con tutto il suo territorio comunale, legato amministrativamente al più popoloso e vicino comune di Borno. I due borghi di Ossimo (Superiore e Inferiore) riottennero, dopo l'aggregazione all'Impero Austro-Ungarico la loro indipendenza formando un comune a se stante. Nel 1867 e poi nel 1887 vi furono due epidemie di colera e di morbillo che aggiunte alle altre consuete malattie (mortali per quel tempo) come vaiolo, tisi, scorbuto e pellagra portarono ad un calo notevole degli abitanti del comune, che raggiunse punte estreme di spopolamento anche per una massiccia emigrazione di giovani (e di intere famiglie) che si recavano all'estero in cerca di lavoro. Nel censimento del 1881 su un totale di 1046 abitanti che figuravano nelle liste comunali ben 128 erano registrati come emigranti, negli anni 1904/1905 furono 101 gli Ossimesi, su una popolazione di 1099 residenti, ad andare lontano da casa, mentre negli anni dal 1946 al 1960 su 1959 iscritti all'anagrafe emigrarono in 759. Nel 1923 venne tracciata, ricalcando il percorso di una vecchia e stretta mulattiera, la strada che partendo da Malegno collegava agevolmente il fondovalle e la statale di Valle Camonica con l'altopiano bornese e Bortolo Bassi (nonno dell'autore di questo libro) iniziò un servizio regolare di "corriere" che collegavano Borno, Ossimo, Malegno con Breno e Darfo e anche la "lontana" Brescia. I due paesi di Ossimo erano così collegati con un comodo e continuativo servizio di pulmann che portavano anche molti operai (specie donne) al Cotonifico Olcese di Cogno, paese che era diviso territorialmente tra i comuni di Ossimo, Borno e Cividate). Il 29 gennaio 1963 venne formato il nuovo comune di Piancogno, anche con una fetta del territorio di Ossimo, che distaccò, a questa nuova amministrazione, la parte ossimese della frazione di Cogno, che sorgeva sul fondo valle. |