PIANCOGNO


    Vi sono documenti riguardanti l'area definita Piano di Borno che confermano come i bornesi (abitanti del paese di Borno) fossero assiduamente presenti non solo sull'altopiano, ma anche nel fondo valle.
    Sicuramente durante il periodo della dominazione romana (dal 16 a.C.) l'area era abitata: ne fa fede il ritrovamento di una tomba di quell'epoca, scoperta durante i lavori di costruzione della parrocchiale di Piamborno, contenente un anello d'oro con una perla vitrea di colore verdognolo, entro castone a sagoma, conservato ora nel museo romano di Brescia.
    Rimane da interpretare e collocare anche storicamente la notizia riportata da padre Gregorio Brunelli nel suo "Curiosi trattenimenti, contenuti ragguagli Sacri e Profani dei Camuni" (Venezia 1698 riedito in Valle Camonica nel 1999) là dove scrive "delle rocche de Conti Frezemichi", scomparse nelle alluvioni del (torrente) Trobiolo di Cogno.
    Il termine "Cogno" compare già nel XIII secolo, in un documento di vendita di un terreno che si trovava in comune di Ossimo, sulla sponda sinistra del torrente Trobiolo, presso la Sicola. Esso recitava fra l'altro: " qui iacet in loco et territorio Ossemi ubi dicitur in Cogno ubi dicitur de fontana de gneolo" (Sicola). Lo stesso termine è presente in un diverso documento datato 1328 dall'analogo contenuto, ovvero: "in territorio de Ossemo in Cogno in contrada ubi dicitur in Closis" (Cioss). Dunque la località di Cogno doveva essere stata abitata già a partire dal primo secolo dopo il Mille, quando gli abitanti dell'altopiano, sia di Ossimo che di Borno, per necessità, avevano cominciato ad integrare i prodotti dei campi di montagna con il grano, il foraggio e il vino che erano invece prodotti sul fondo valle e sui terrazzamenti ricavati sulla costa della montagna.
    Diversamente dal resto del territorio circostante, il sito su cui sorgeva il vecchio borgo, trovandosi di alcuni metri al di sopra del livello del fiume Oglio e al riparo delle annuali inondazioni, meglio si prestava ad essere abitato (ricordiamo che tutto il fondovalle, fino a Cividate Camuno, fino al medio evo, quando fu bonificata in parte, era una vasta palude acquitrinosa e inospitale). Il paese di Cogno, non slo amministrativamente si divideva perfettamente in due parti ma rispettava gli statuti, le delibere e gli ordinamenti dei rispettivi comuni capoluogo e anche gli orari, le festività e le funzioni delle rispettive parrocchie (Borno e Ossimo).
    Il Piano di Borno comunque, ovvero l'intera area di proprietà del comune dell'altopiano posta sul fondo valle, veniva citato già nel 1080 in un documento del vescovo di Brescia, Olderico in cui si esentavano i suoi abitanti "in perpetuo" dalle decime per averlo scortato fino al Tonale.
    Il luogo veniva nuovamente citato nel 1091, quando gli abitanti della Val di Scalve (acerrimi nemici per secoli dei bornesi) trucidarono al Piano di Borno il capitano del comune e la sua famiglia.
    Nel 1154, il Vescovo Raimondo consacrò la cappella dedicata a San Vittore, patrono del paese. La stessa cappella è citata in altri documenti del 1234, 1341 e del 1459 inerenti patti di livelli e diritti di pesca sempre riferiti al godimento del Vescovo di Brescia.
    Ancora gli uomini del Piano di Borno compaiono in un documento del 1168 quando gli abitanti di Esine (comune confinante con la sponda sinistra dell'Oglio) si opposero alla costruzione di una palizzata per evitare l'esondazione del fiume in località Bettolina (attuale Chiesolina). La disputa procurò almeno undici morti e la distruzione della palizzata. Per comporre la questione dovette intervenire l'autorità bresciana imponendo la "Pace di Montecchio".
    L'evoluzione dell'organizzazione del comune di Borno aveva prodotto degli statuti atti ad evitare abusi (o privilegi) sul territorio di sua competenza: per evitare che il "piano" divenisse "troppo importante" a discapito del capoluogo, tra le numerose "osservanze" si trovano dei regolamenti comunali che proibivano ai possidenti, abitanti del Piano, di dimorarvi per tutto l'anno solare. Essi infatti potevano restare in loco solo nella stagione della semina e del raccolto, poi nella stagione invernale erano obbligati ad abitare sull'altopiano a Borno. Si presume che questo stato di cose fosse attuato per evitare la costituzione di una nuova vicinia indipendente.
    Fu così che dalla metà del XV secolo, iniziarono i litigi tra gli abitanti del Piano che avevano spostato i loro interessi nella zona, e quelli del capoluogo Borno, imperniati sul principio dell'uso dei beni legati alla chiesa di San Vittore, che una bolla di Callisto III (Alonso Borgia 1378-1458), decretò eslusivo diritto di Borno.
    Le diatribe tra le due comunità (Borno e Piano di Borno) continuarono per secoli, con diversi interventi delle massime autorità (1543, 1573) che comunque ribadivano regolarmente lo "status quo" e lasciavano le cose come stavano, Borno capoluogo e Piano di Borno una semplice frazione.
    Nel 1521 una eccezionale alluvione sconvolse la palizzata di sostegno degli argini, divenuta tristemente famosa alcuni secoli prima, ma in parte ricostruita e il fiume Oglio cambiò addirittura il suo corso.
    Nel 1544 un'altra alluvione danneggiò nuovamente, in modo grave, gli argini che solo un ventennio prima erano stati ricostruiti, e il nobile Tito Federici di Erbanno, proprietario di gran parte della campagna allagata, fece trasportare del legname per ripararli. Gli esinesi però, ancora una volta, si opposero poiché in caso di nuove inondazioni il fiume sarebbe straripato sulla sponda opposta e cioè verso le loro proprietà.
    Verso la fine dello stesso secolo, a riprova della sua ormai consistenza urbanistica, il cartografo veneziano Pallavicino indicava Cogno sulla carta del territorio Bresciano.
    Un altro tentativo di separazione del Piano di Borno dal capoluogo fu intrapreso nel 1756 con una domanda rivolta al Doge di Venezia: ancora una volta con esito negativo per i Piambornesi, per la forte opposizione degli uomini di Borno.
    Quasi un secolo prima però la chiesa di San Vittore era stata alevata a parrocchia del "Pià de Bùren" e dunque le funzioni religiose erano gestite in loco, con un proprio sacerdote, pur dipendente ancora (formalmente) dal parroco di Borno. Le famiglie nobili e benestanti di Borno continuarono a scendere al Piano e a costruire abitazioni signorili: nella pianura verso Erbanno si insediarono per prime le famiglie bornesi dei Gheza, Dabeni, Magnoli, mentre a Cogno si installarono i Franzoni e i Camozzi. E fu quest'ultima, capostipite Giovan Battista, quando Cogno contava circa duecento abitanti, che nel 1652 fece costruire la chiesetta di San Filippo che donò, con relativo beneficio, al figlio Ludovico, ordinato sacerdote presso i Filippini di Brescia. La chiesa fu consacrata nel 1662 ed era accanto alla antica "contrada de Cogn", una parte del vecchio borgo che risaliva (ed era ben conservata) al medio evo (l'autore vi ha abitato, in fanciullezza, per alcuni anni) e che all'inizio di questo secolo è stata completamente cancellata per fare posto ad altre abitazioni.



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