VIONE


    Anche Vione, geograficamente vicino ai più importanti e noti centri dell'alta Valle Camonica di Temù e di Ponte di Legno, ma collocato non distante dalle principali vie di comunicazione che conducevano, fin dai tempi più remoti, verso il passo del Tonale e il Trentino, seguì, fin dalla sua nascita, le vicissitudini storiche e politiche dei due borghi più grossi.
    Certamente posteriore all'antichissimo insediamento a Villa d'Allegno, ebbe le sue origini in epoca Longobarda attestate dalla scoperta di una necropoli di quel popolo. Fin da quei tempi, o forse anche in epoca precedente, doveva però sorgere in loco, vista la sua posizione dominante buona parte dell'alta valle, una rocca fortificata o un castelliere intorno al quale, come spesso accadeva, erano poi sorte alcune abitazioni che, poco alla volta avevano formato un piccolo borgo.
    Come scritto, la posizione dominate del sito, da cui si potevano controllare facilmente le strade e le mulattiere del fondo valle, fece sì che la primitiva rocca venisse trasformata in un grande castello il cui massimo fulgore venne raggiunto intorno al 1200. Questo edificio, nato certamente come struttura militare ma che, come era usuale in quel periodo storico, andò poi a racchiudere e a proteggere anche delle abitazioni civili, fu molto noto in tutta la Valle Camonica e, a dimostrazione della importanza di questa costruzione: vi erano numerose testimonianze che parlavano dell'imponenza della rocca che era conosciuta come il "Castèl dè Polàgra": il "Castello di Polagra". Questo maniero, che fu modificato più volte nei secoli successivi alla dominazione carolingia, doveva essere una costruzione possente e notevolmente fortificata poiché ancora nel 1300 risultava composto da un nucleo principale, fortemente arroccato e da ben sei torri, collegate da alte mura che fungevano anche da difesa all'abitato.
    Vione e il suo contado fu forse l'ultimo consistente baluardo del paganesimo, che si mantenne a lungo saldo nella fede degli antichi e naturali Dei camuni. Questa oasi pagana, profondamente difesa e salvaguardata nelle sue espressioni e tradizioni dai Vionesi, riuscì a sopravvivere forse anche ben oltre l'anno mille e a essere presente ancora, in forma consistente, per quasi tutto il basso medioevo. A causa di questi radicati culti non cristiani il paese subì, in nome del Dio dei cattolici e della Santa Romana Chiesa, numerose razzie, omicidi, violenze, incendi e fu distrutto ma poi testardamente ricostruito più di una volta.
    Dopo l'anno mille e con continue conferme successive, fino all'anno 1158, il Vescovo di Brescia infeudò, in numerosi beni e proprietà, nella zona dell'alta Valle Camonica l'antica e nobile famiglia dei Martinengo che fu poi scalzata, da questi lucrosi benefici feudali, da altre famiglie emergenti come i potenti Federici e gli Yogolati che mantennero saldamente i loro privilegi e beni fino a tutto il 1300.
    Nel 1399 un furioso incendio distrusse completamente il paese ma non danneggiò, in modo consistente, il castello e le sue mura. In Valle Camonica, fin dal XV secolo, gli abitanti o gli originari di Vione erano soprannominati "i dùtùr" (i dottori) poiché già dal 1460, su iniziativa di un sacerdote locale, fu istituita una scuola in cui si insegnavano ai giovani del paese (e di alcuni paesi vicinori) la grammatica e alcune scienze elementari. Nel 1572 queste scuole vennero erette in juspatronato e rimasero attive e frequentate fino al 1705. Erano chiamate Accademie e furono la base fondamentale per l'istruzione primaria e la formazione culturale di tanti Vionesi che poi si distinsero in vari settori.
    Numerosi furono i notai, avvocati, medici, sacerdoti e molti cultori delle lettere e figura di notevole spessore storico fu Gregorio Brunelli detto "Gregorio della Valle Camonica", che originario di Canè, frequentò da bambino, proprio a Vione, l'Accademia, divenuto poi francescano dei frati minori riformati, fece una carriera politico-religiosa illustre: fu nominato "Chiarissimo Lettore" di teologia, "Consultore" del Santo Uffizio, "Ministro Provinciale" di Venezia dall'anno 1698 fino alla morte nel 1713, e venne promosso "Commissario Generale per la Polonia" nel 1705. Gregorio comunque non assunse mai direttamente quest'ultimo importantissimo incarico poiché quella lontana terra, in quegli anni, era attraversata da una serie impressionante di guerre, faide e scorribande che in quel secolo la rendevano terra barbara e inospitale. Tra le sue numerose fatiche letterarie di notevole interesse storico-culturale va citato il "Curiosi trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani dei Popoli Camuni", quest'opera, consultata, in epoche diverse, da numerosi studiosi di storia locale (anche dal sottoscritto), fu ristampata, con buon successo, anche nel 1728 e recentemente nel 1998 ed è certamente una documentazione attenta e di primaria importanza per conoscere gran parte della storia (anche la parte non documentabile e derivante in buona parte da leggende locali o tradizioni) della Valle Camonica e del suo vasto e cosmopolita comprensorio, malgrado le numerose imprecisioni storiche.
    Nel 1787 il notaio Giovanni Antonio Guarneri, originario di Vione, fu l'estensore dei famosi "Statuti" e assunse una parte molto attiva nei fatti bellici (durante e successivi al travagliato periodo napoleonico) che si svolsero in alta Valle Camonica anche durante la dominazione austriaca, a partire dal 1809. Lo stesso Guarneri fu anche autore delle "Memorie sopra la Valcamonica" che videro però la pubblicazione solo nel 1870 e come compendio di un'opera ben più vasta: "Illustrazione della Valcamonica " edita dal Rizzi.
    Vione, durante la prima guerra mondiale, per la sua vicinanza al fronte con l'impero Austro-Ungarico che correva sulle pendici e sulle vette del massiccio Adamellino, in alta Valle Camonica, seguì le vicende belliche di Temù e Ponte di Legno come paese di confine. Posto nelle immediate retrovie del fronte, fu militarizzato e divenne anche base di comando reggimentale delle truppe alpine che combattevano e vivevano sulle vicine e scoscese pendici dell'Adamello.
    Anche il piccolo comune di Vione conobbe la triste pagina dell'emigrazione di tanti suoi figli: negli anni 1904/1905 su una popolazione residente di 1415 unità nei tre borghi principali (Vione, Canè e Stadolina) furono ben 146 ad andarsene anche in terre lontane. Dai dati da noi rilevati negli anni dal 1946 al 1960 su 1453 residenti furono 372 ad emigrare. Vione, a partire dala fine del secolo scorso (1900), come in altri borghi della zona, ha avuto un certo sviluppo edilizio, specie di seconde case, con una stagione estiva che dona ancora momenti di tranquillità con la possibilità di stare lontani dai borghi saturi del classico e soffocante turismo di massa. Per opera di Dino Marino Tognali, noto poerta dialettale e storico di eccelso livello (più volte amministratore e sindaco del comune) nel 1987 viene fondato, nell'edifico delle vecchie scuole elementari, uno dei più ricchi e rappresentatitvi musei etnografici del territorio bresciano chiamato "'L zuf" (il giogo).


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